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Chiese al servizio di tutta la città

«Accade in fretta, spesso basta una generazione. La tua chiesa, al centro della piazza cittadina, che la tua famiglia frequenta da generazioni, una volta era il cuore spirituale della comunità. Qui la gente si sosteneva a vicenda nei momenti di crisi, manteneva vive le proprie radici, celebrava i momenti di gioia. Una volta c’era lavoro, ma oggi i giovani se ne vanno per studiare e lavorare in una grande città. Oggi, alla domenica, quando va bene ci sono 25-30 persone riunite per il culto: la tua chiesa combatte per sopravvivere».

Suona familiare? Così esordisce un articolo che parla dell’America, ma sembra parlare di noi: lo scrive Dennis Smith nel numero estivo di Mission Crossroads, organo di informazione quadrimestrale della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti (PcUsa). In qualità di responsabile per il Sud America della Presbyterian World Mission, Smith ha lavorato su questo tema insieme alla Chiesa valdese del Rio de la Plata, che ha intrapreso negli ultimi due anni un lavoro di ripensamento della presenza pastorale ed ecclesiastica nelle città. Si tratta di un percorso di analisi per rivitalizzare le comunità, esplorando le strategie adottate nelle chiese degli Stati Uniti, in particolare per quanto riguarda i modelli di «pastorale urbana».

A tale scopo, con il supporto anche della American Waldensian Society (Aws), una rappresentanza della Iglesia ha svolto nel febbraio 2017 una visita esplorativa alla PcUsa e a diverse chiese riformate statunitensi e ai loro seminari teologici a New York, nel New Jersey, North Carolina e Kentucky. La delegazione era formata dalla pastora Carola Tron, Moderadora della Mesa valdense (l’analogo della Tavola valdese italiana), dallo studente in teologia Alfredo Servetti e da Yanina Vigna, che opera nel campo delle strutture diaconali, questi ultimi della chiesa valdese di Buenos Aires. Sono stati, scrive Smith, «dieci intensi giorni di scoperta e dialogo, osservando come le chiese delle aree urbane statunitensi stanno rispondendo alle sfide pastorali, in particolare per quanto riguarda i temi dell’immigrazione, dei giovani, della formazione di leader laici e la creazione di spazi sicuri e accoglienti per le minoranze sessuali».

Ragionando su questa esperienza, racconta l’articolo, Yanina e Alfredo hanno osservato che spesso le piccole chiese cittadine ripiegano su una «mentalità da bunker»: «Una delle lezioni di questo viaggio, ha detto Yanina, è stata visitare chiese che sono giunte a vedere se stesse come spazi pubblici, veramente al servizio dell’intera comunità».

Sulla scia di questa esperienza, e segno dell’interesse delle chiese nord americane per la realtà vissuta dall’altra parte del continente, Bob Brashear, pastore di una chiesa newyorkese con una lunga esperienza nell’ambito del ministero urbano, ha raccolto l’invito della Iglesia a recarsi in Argentina e Uruguay e condurre una serie di laboratori nei mesi successivi. «L’obiettivo non era di trapiantare modelli pastorali dagli Usa», spiega ancora l’articolo, «ma di incoraggiare la gente ad ascoltare lo Spirito Santo e a capire come essere la presenza di Cristo nelle città».

Come ha dichiarato la pastora Carola Tron ai rappresentanti della Chiesa presbiteriana, «stiamo imparando che le nostre chiese devono essere “porose”: dobbiamo rispondere alle necessità delle nostre comunità e non semplicemente cercare di conservare le nostre tradizioni. Le nostre chiese dovrebbero essere dei luoghi in cui l’intera comunità locale, credenti e non credenti, si senta invitata a celebrare insieme i propri successi e a piangere le proprie perdite».

Da questa esperienza sono emersi, nonostante le differenze culturali tra le due Americhe, diversi problemi comuni: la crisi del protestantesimo storico, con la perdita di membri, l’onerosità degli edifici, la necessità di cercare nuovi modi di essere «comunità di fede» che siano significativi per la vita delle persone intorno a noi. E si potrebbe aggiungere che, anche al di qua dell’Oceano, si può fare un discorso assai simile.