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Fotografia e mondo del lavoro

Fotografare il mondo del lavoro e, attraverso le immagini, portare una riflessione sul rapporto tra uomo e ambiente, uomo ed economia. L’iniziativa nasce come collaborazione tra la Fondazione Laviosa e il Comune di Livorno e promuove dibattiti, studi, concorsi attraverso i quali esplorare la contemporaneità partendo dal lavoro, luogo di scambi e rapporti nonché diritto sancito dalla Costituzione. Il mondo della nautica è l’oggetto del concorso che si è chiuso ad aprile e propone gli scatti raccolti in un percorso esposto fino al primo luglio presso gli spazi dei Granai di Villa Mimbelli a Livorno, una città che col mare ha un rapporto stretto.

Ne parla Serafino Fasulo, art director della Fondazione.

Quali sono le caratteristiche, peculiarità, l’etica del mondo del lavoro legato al mare?

«Il mondo della nautica è fatta di aspetti industriali, le fotografie hanno raccontato realtà importanti dal punto di vista del mercato, ma anche artigianali. Nelle immagini traspare una Livorno profondamente innamorata della propria libertà rappresentata dal mare, assolutamente trasversale nella sua passione interpretata attraverso i vari strati sociali. Un aspetto importante, e che ci fa sperare bene per il futuro, è che molte foto sono arrivate da altre città, addirittura dall’estero, dalla Tunisia, dalla Grecia, dall’India. Alcune foto premiate sono state scattate nel Bangladesh. Non ci siamo limitati a raccontare una realtà locale ma abbiamo voluto aprire il concorso a tutti e dare un respiro più ampio. Per quanto riguarda l’ etica, vorrei precisare come anche tra i componenti della giuria sia stata privilegiata una presenza che intende la fotografia come una visione, non tanto per rivendicare velleità artistiche, ma per capire ciò che ci circonda. Un’analisi talvolta anche lunga nel tempo, di osmosi, di condivisione; in questo senso intendiamo la fotografia: non uno scatto estetizzante o che denuncia semplicemente il fatto di esser stati li in quel momento, ma uno scatto che vuole promuovere un modo di guardare e di capire».

In che modo emerge la figura umana?

«I protagonisti non sono soltanto scafi e galleggianti, ma tutti coloro che si muovono in questo contesto, dal piccolo artigiano, all’appassionato della domenica, dal pensionato che dedica il suo tempo ad una passione, fino alla produzione di grandi imbarcazioni. L’uomo assume vari ruoli, dalla passione solitaria alla condivisione di un cantiere, al sapersi relazionare a una collettività, al meccanismo produttivo che sta dietro un’imbarcazione. Oltre a tutto ciò traspare quella che è una delle risorse principali, non solo di Livorno, ma della nostra penisola e di tante altre parti del mondo: il mare, come trait d’union tra le genti piuttosto che come elemento che separa».

Quali sono gli elementi che emergono dalle fotografie e che rappresentano meglio il rapporto tra uomo, mare e mondo della nautica?

«Ce ne sono diversi; nel lavoro c’è il vero nodo di comprensione di quello che è il concetto di democrazia. Oggi parlando di Europa unita non vengono mai citati i salari ed è difficile unire una nazione se ci sono grandi differenze sulla questione. Vedendo queste immagini che provengono da vari luoghi, si capisce come il lavoro sia concepito, in luoghi differenti, in maniera profondamente diversa. Ci sono le foto che rappresentano lo smantellamento delle navi in alcune zone dell’India o di quello che viene definito il terzo mondo: le navi vengono spiaggiate, dirette verso la riva penetrando il più possibile in virtù della velocità che gli è stata impressa, e lì vengono lasciate e smontate pezzo per pezzo. Le condizioni dei lavoratori in questi casi sono inimmaginabili. Messe accanto alla conquistata, e lecita, libertà che avviene nella vita di tante persone, magari in pensione, che si vedono nelle città di mare italiane, queste immagine sono veramente stridenti. Questo è anche un modo per parlare di quanto le condizioni di vita, pur attorno ad uno stesso tema siano profondamente differenti».