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Andrea Chiarotti, una vita spesa nella lotta

Lo stadio del ghiaccio di Torre Pellice gremito; l’ultima partita di Andrea Chiarotti (Ciaz per tutti) è finita lì. Sulla pista dove per anni aveva pattinato, lui che era nato hockeysticamente al vecchio Filatoio, dove aveva allenato la Valpe, dove da pochi anni aveva avviato al pattinaggio il piccolo figlio Lorenzo.

C’era, fisicamente ed emotivamente, tutta una valle per l’ultimo saluto a una persona che della lotta, leale, sportiva e a volte assai dura aveva fatto il suo modo di vivere. Proprio partendo da quello stadio e dal periodo olimpico, Andrea aveva saputo dar vita alla cosa più bella, al movimento dell’hockey paralimpico, un movimento cresciuto al punto da sfiorare alle recenti paralimpiadi invernali addirittura il podio. Lui c’era, già malato eppure capace di infondere spinta e passione; era il team leader. Già, davvero un leader sportivo.

In molti hanno ricordato la sua carriera: nella sua vita c’è stato un prima e un dopo. Il prima, dell’incidente in moto, discreto e giovane giocatore; il dopo con quella voglia di rinascere sempre, senza autocompatirsi ma sperimentando nuove vie. L’arto artificiale che nei lunghi viaggi in pulmann quando guidava la prima squadra della Valpe teneva accanto a sé e che gli consentì di pensare a questo nuovo ruolo; e poi il mondo del hockey paralimpico. Capitano per tutti, guida appassionata, trascinatore e guascone il giusto con le sue proverbiali barzellette in pulmann o in spogliatoio.

Carattere estroverso, lottatore leale; sempre. L’ultima volta che abbiamo incrociato sguardi e parole è stato pochi mesi fa, a bordo pista durante una partita delle giovanili. A un ragazzo della Valpe era scappata una bestemmia e per questo era stato mandato in panca puniti. Ai genitori vicini che protestavano con l’arbitro Ciaz, sorridendo disse semplicemente «Ha ragione l’arbitro!».
In tanti hanno voluto ricordare la figura di Andrea e le sue capacità; «il Para Ice Hockey italiano – ha sottolineato il presidente del comitato paralimpico italiano Pancalli – deve tantissimo a questo atleta, che ha seguito i “suoi” ragazzi anche nell’ultima trasferta di Pyeong Chang, dopo un percorso personale che definire straordinario è riduttivo, quando dal nulla ha saputo creare una squadra che ha ereditato in fretta il gene della passione e della determinazione, caratteristiche tipiche di Andrea. È stato la scintilla che ha infiammato tanti cuori».