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Giacomo Puccini e le arti visive

Giacomo Puccini, nel periodo di maggior successo della sua carriera, era una vera e propria star. Sono innumerevoli i ritratti fotografici e dipinti che lo ritraggono; in Italia, ma anche in Europa, l’ambiente artistico era interessato a entrare in relazione col suo genio e il suo lavoro. Oggi le sue opere sono tra le più conosciute e le sue arie tra le più cantate.

A 160 dalla sua nascita la Fondazione Ragghianti di Lucca esplora il panorama artistico che si conclude con la morte del grande maestro nel 1924. Lo scopo è indagare le correnti, il contesto e le immagini che hanno fatto parte dell’immaginario di Puccini e che, immaginiamo, l’abbiano anche influenzato nella scelta della messa in scena delle sue opere.

Ne parla il curatore e direttore della Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, Paolo Bolpagni.

Qual era l’ambiente artistico di Giacomo Puccini?

«È un ambiente variegato che si è evoluto nel tempo. Questa mostra consente di cogliere  l’evoluzione del gusto estetico di Giacomo Puccini in relazione alle arti visive, e di leggere gli sviluppi dell’arte italiana dagli anni ’80 dell’800 fino alla metà degli anni ’20 del ‘900. Abbiamo voluto ricreare un panorama degli artisti amati da Puccini, da lui frequentati personalmente o collezionati. Si passa dal clima milanese della tarda scapigliatura di fine ‘800, dove Puccini rimase dopo aver concluso gli studi al conservatorio, dove riportò i suoi primi successi e coltivò le sue prime autentiche frequentazioni artistiche.Poi nel 1891 tornò nella sua toscana, trovò a Torre del Lago il proprio rifugio e qui cominciò a conoscere e frequentare gli artisti toscani post macchiaioli. Poi arrivò Plinio Nomellini, grandissimo pittore divisionista dell’epoca che fa scoprire a Puccini questa nuova sensibilità, questo nuovo stile pittorico. Nel frattempo Puccini diventa anche una celebrità e quindi i più grandi artisti del tempo realizzano opere a lui ispirate.

Ci sono poi i grandi artisti che instaureranno un vero e proprio sodalizio con Puccini come Luigi de Servi, il già citato Plinio Nomellini e in special modo Galileo Chini, che dal punto di vista cronologico è l’ultima grande conoscenza che Puccini fa nel mondo artistico, ma che caratterizzerà l’ultima fase della sua vita con uno scambio molto intenso e un’influenza reciproca».

Queste conoscenze hanno influenzato la messa in scena delle opere di Puccini?

«All’inizio Puccini, che aveva come proprio editore Ricordi, non poteva scegliere gli scenografi che mettevano in scena le sue opere. Quando doveva andare in scena Manon Lescaut avrebbe voluto che le scenografie fossero affidati all’amico pittore Luigi Rossi ma Ricordi decise diversamente. Negli anni successivi, quando Puccini era celebre e aveva un potere contrattuale diverso, poteva imporre, per esempio, Galileo Chini per le scenografie della sua ultima opera, Turandot. Chini, infatti, produsse dei capolavori per questa messa in scena e noi esponiamo la versione più rara in assoluto dei bozzetti da lui realizzati.

Galileo Chini fu un artista davvero incredibile per l’epoca perché dal 1911, invitato dal re del Siam, l’odierna Thailandia, si imbarcò per il lunghissimo viaggio che l’avrebbe tenuto nel Siam per tre anni. Rientrato in Italia portò con sé impressioni di un Oriente favoloso, molti oggetti e opere d’arte che ebbero un enorme influsso su Giacomo Puccini che rimase suggestionato da ciò che il suo amico aveva riportato da questo viaggio. Probabilmente anche il clima di Turandot non è immune dai racconti e dalle immagini che lo stesso Chini riportò da questo favoloso viaggio».

Quali suggestioni propone il percorso della mostra?

«Abbiamo avuto il privilegio di avere come allestitrice Margherita Palli, una delle più grandi scenografe del mondo che ha lavorato 30 anni con Ronconi e ha creato molte messe in scena delle opere di Puccini, come per l’Andrea Chénier che ha inaugurato l’ultima stagione lirica del Teatro alla Scala. Anche grazie ai suoi racconti ci siamo immersi in questo mondo teatrale un po’ reale un po’ immaginato che attraverso il suo allestimento ci pone di fronte a una suggestione teatrale che rende la mostra ancora più fascinosa».