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Essere figli e figlie di Dio

Il Signore degli eserciti ha un giorno contro tutto ciò che è orgoglioso e altero, e contro chiunque s’innalza, per abbassarlo
Isaia 2, 12

Giovanni il Battista disse: «Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento, e non cominciate a dire in voi stessi: “Noi abbiamo Abraamo per padre!”»
Luca 3, 8

Ricordo che da bambino, a scuola, mi venne spiegata l’impossibilità di sommare due pere a due mele. «Quanto fa due pere più due mele» ci dicevano? E ingenuamente, tutti, rispondevamo “quattro”! Quando poi ci spiegarono il trucco, capimmo di essere caduti in un tranello, di essere fuori strada, perché due pere più due mele restavano tali e non potevano fondersi in quattro «mere» o quattro «pele». Equivoco risolto! Già, un grosso equivoco.

Ecco, immagino la sorpresa che provarono gli intervenuti al Giordano, quando Giovanni Battista smontò, con le sue parole, le loro convinzioni di superiorità, fondate sull’appartenenza ad una etnia che si era, nel tempo, sostituita al timore del Signore. Immagino come sentirono sgretolarsi le basi delle loro convinzioni allorquando capirono di essere fuori strada e di non avere nulla da vantarsi, nemmeno di quella loro elezione che mostravano come vessillo, ma che non gli avrebbe, comunque, garantito un lasciapassare nel Regno di Dio. Ecco accorrere al Giordano i farisei ed i Sadducei i quali pensavano, forse, bastasse esibire la tessera d’iscrizione, il loro passaporto di puri figli di Abraamo per ereditare le promesse di Dio. Così come spesso accade, si pensa che il dirsi cristiani/e crei, automaticamente, figli e figlie di Dio.

Ma piuttosto che il dire di essere qualcosa, l’evangelo ci invita ad essere di qualcuno. Paolo dice «se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato» (Romani 10, 9). Nessuna corsia preferenziale data da meriti personali, quanto, invece, una via basata sulla grazia di Cristo, immeritata e gratuita, aperta a tutti e tutte coloro che avranno riposto la propria vita in Cristo, il quale ha dato se stesso per ogni creatura, senza distinzione di razza, lingua e nazione.

In nient’altro ed in nessun altro è la salvezza, perché in Lui quello che vale è la fede che opera per mezzo dell’amore (Galati 5, 6).