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Anche Riforma.it digiuna per Amal Fhaty

Ieri pomeriggio presso la Procura della Repubblica di Roma si è tenuto un nuovo incontro tra il titolare delle indagini sulla morte di Giulio Regeni, il procuratore Sergio Colaiocco, l’ambasciatore italiano in Egitto, Giampaolo Cantini e l’avvocatessa per i diritti umani Alessandra Ballerini legale della famiglia Regeni, in merito al sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio.

In questi giorni si attende di conoscere l’esito delle attività di recupero delle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza della metropolitana del Cairo dove Giulio scomparve la sera del 25 gennaio di due anni fa.

Ballerini ieri ha espresso preoccupazione per la sicurezza dei suoi colleghi e consulenti egiziani impegnati nelle indagini al Cairo e, in particolar modo, per la sorte della consulente egiziana Amal Fhaty. «Siamo in apprensione per la sorte dei nostri difensori al Cairo. Tutti stanno pagando un prezzo altissimo in termini di libertà e sicurezza a causa della loro eroica e irriducibile battaglia legale nel cercare e pretendere, al nostro fianco, verità per Giulio. Sappiamo che le Ambasciate dei paesi dell’Ue e quella italiana, in particolare, si stanno prodigando per “mettere in sicurezza” i nostri consulenti dell’Ecrf ma la situazione è molto pericolosa. Abdallah (consulente egiziano della famiglia Regeni, ndr) rischia in ogni momento di essere nuovamente arrestato – prosegue Ballerini –, e messo a tacere dalle forze di polizia egiziane. Vi chiediamo, ancora una volta, di stare dalla nostra parte e di diffondere il testo che ci ha inviato perché nessuno debba più pagare per aver preteso Verità per Giulio. Noi – conclude Bellerini – siamo la loro speranza», l’invito è quello di leggere le tristi parole inviate dal collega Ahmad Abdallah .

«Liberate Amal. Sino a quando non lo farete digiunerò per lei», ha detto Paola Deffendi Regeni appena giunta la notizia dell’arresto al Cairo (avvenuto la notte del 10 maggio) di Amal Fathy, la moglie di Mohamed Lofty, il consulente legale in Egitto della famiglia Regeni.

«Da donne – ha proseguito Deffendi che ha promosso l’iniziativa del digiuno a staffetta insieme alla legale italiana Alessandra Ballerini – siamo particolarmente turbate e inquiete per il protrarsi della detenzione di Amal».

Da lunedì 14, dunque, è partita l’iniziativa del digiuno a staffetta per chiedere la liberazione immediata di Amal, alla quale si sono unite migliaia di persone appartenenti alla società civile, al mondo associativo, politico, molte donne, intellettuali, artiste e giornaliste si sono unite perché, ha concluso Paola, nessuno debba «più pagare per la nostra legittima richiesta di verità sulla scomparsa, le torture e l’uccisione di Giulio. Vi chiediamo di digiunare con noi, fino a quando Amal non sarà finalmente libera», ha concluso la mamma di Giulio.

Ieri, 24 maggio, in Egitto era attesa la sentenza per Amal: «Purtroppo – ha scritto la rete Giuliosiamonoi – Verità per Giulio – le nostre speranze per Amal Fhaty sono andate deluse. Abbiamo imparato a conoscere le grottesche farse della “giustizia” egiziana. La sentenza è stata rinviata con altri 15 giorni di detenzione. Teniamo duro. Resistiamo per Amal e per tutti gli attivisti schiacciati da Al Sisi».

Dunque, continua il digiuno a staffetta per la liberazione di Amal e Riforma.it ha aderito all’iniziativa insieme ai colleghi del Circolo Articolo 21 Piemonte e di Articolo 21 nazionale.

Ieri, nel giorno dell’attesa sentenza, ha digiunato il nostro giornalista Gian Mario Gillio che ha colto l’occasione per divulgare l’appello per Amal e l’adesione di Riforma.it e del Circolo Articolo 21 Piemonte presso la Camera dei Deputati in occasione della conferenza stampa per il lancio della collaborazione tra la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e la Ong Proactiva Open Arms per salvare vite umane in mare.

Oggi il digiuno prosegue con il giornalista e coordinatore di Riforma.it Claudio Geymonat.

«“Non hai bisogno di vedere l’intera scala, inizia semplicemente a salire il primo scalino.” diceva Martin Luther King. La frase del leader per i diritti civili, a noi cara – dice Geymonat –, compare nella lettera/appello del legale egiziano Addallah. Ci è stato chiesto di pubblicare la lettera e di diffonderla ovunque possibile – prosegue Geymonat –, noi la rendiamo disponibile e vi invitiamo a leggerla con attenzione e a farla vostra e, se vorrete, a aderire all’iniziativa di solidarietà».

Riforma.it ha deciso di aderire all’iniziativa del digiuno a staffetta, ha detto per parte sua anche Gillio, portavoce del Circolo Articolo 21 Piemonte, «per contrastare ogni forma di abuso di potere e per ciò che Amal rappresenta, una voce libera che lotta per la giustizia, la verità e la libertà di tutti; oggi questa voce è stata messa a tacere attraverso la reclusione forzata, senza reali capi d’imputazione; la nostra adesione, che riteniamo doverosa, appoggia la battaglia della famiglia Regeni, la mamma Paola e il papà Claudio. La loro voce è la nostra voce, e amplifica quella di tante altre in Italia e nel mondo che hanno dovuto subire ingiustizie, soprusi, inganni, falsità, crudeltà e violenze, tragiche e colpevoli morti; voci di persone che rivendicano verità e giustizia e che sono un esempio per tutti noi. Ciò che è accaduto a loro potrebbe capitare a chiunque di noi, non possiamo e non dobbiamo rimanere indifferenti, o peggio, “complici” se silenti. Ognuno di noi, nel suo piccolo, credo possa fare molto, anche e solo attraverso la semplice vicinanza. Il digiuno a staffetta è un buon esempio di testimonianza».

 

La lettera:

 

“LA STRADA PER LA VERITA”

 

Non hai bisogno di vedere l’intera scala. Inizia semplicemente a salire il primo scalino

Martin Luther King

Circa due anni e mezzo fa abbiamo iniziato il percorso per arrivare alla verità su quanto accaduto realmente a Giulio Regeni, due anni pieni di speranza e dolore. In questi due anni molti fatti sono stati chiariti, mentre molte domande sono rimaste senza risposta.

In questi due anni e mezzo sono stato arrestato una volta, nell’aprile 2016 dallo stesso poliziotto che stava seguendo Giulio, sono rimasto in carcere per quattro mesi e mezzo compreso un periodo di isolamento. Sempre in questi due anni e mezzo, l’avvocato Ibrahim Metwally che ci stava aiutando nella causa di Giulio è stato arrestato mentre cercava suo figlio, fatto sparire a forza. Metwally è tuttora in isolamento, trattenuto all’interno di una cella sporca, senza finestre, dove gli viene negata anche la luce del sole.

Venerdì scorso è iniziato un nuovo capitolo e questa volta hanno iniziato a prendere di mira le nostre famiglie.

Alle 2,30 del mattino gli agenti delle forze di sicurezza dello Stato hanno fatto irruzione nella casa di Mohamed Lotfy, un cittadino egiziano-svizzero, e dopo avergli sequestrato il telefono lo hanno condotto insieme a sua moglie Amal Fathy ed al figlio di 3 anni, presso una stazione di polizia.

Mohamed e suo figlio sono stati rilasciati ma la moglie Amal è stata accusata in due occasioni di aver compiuto atti di minaccia alla sicurezza dello Stato, ricevendo due ordini di detenzione preventiva di 15 giorni ciascuno. Avrebbe pubblicato un video su Facebook che critica lo Stato. Le accuse mosse nei confronti di Amal hanno scopo puramente intimidatorio, per il lavoro che svolgiamo all’ECRF. Il Procuratore per la sicurezza dello Stato ha negato ad Amal qualsiasi incontro con suoi avvocati e durante l’interrogatorio le ha chiesto senza darle tregua informazioni su di me per circa un’ora. Ciò significa che sto correndo il rischio di essere arrestato a mia volta per attentato alla sicurezza dello stato. Proprio coloro che dovrebbero investigare e fare luce sulla morte di Giulio stanno arrestando quelli che cercano di farne emergere la verità. Signore e Signori, vi sto scrivendo mentre mi nascondo dalle Forze di sicurezza dello Stato, dormo fuori di casa perché ho paura che facciano del male alla mia famiglia.

Credo vogliano eliminare dalla scena tutti i partner egiziani che aiutano la Famiglia Regeni, in modo che nessuno possa controllare la fondatezza o meno delle informazioni estrapolate dal procedimento giudiziario egiziano.

Signore e Signori, in questo momento siamo presi di mira e abbiamo bisogno del vostro aiuto, affinché Amal sia rilasciata e possa crescere suo figlio in pace; affinché Ibrahim sia liberato, e possa aiutarci a prevenire ulteriori persecuzioni indirizzate alla nostra organizzazione. Signore e Signori vi assicuro che, qualunque cosa faccia l’apparato di sicurezza dello Stato non smetteremo di impegnarci per cercare la verità per Giulio, quella vera, non quella conveniente, sono certo che ci riusciremo. Questa non è una semplice previsione. É una promessa.

Grazie mille

Ahmad Abdallah,

15 maggio 2018, Cairo – Egitto