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Pentecoste: in barca con Gesù

Ogni anno vivo il miracolo di Pentecoste. È cominciato a manifestarsi la sera di qualche giorno fa, quando gli «ammittendi» hanno incontrato il Consiglio di chiesa per condividere la loro decisione. Otto persone, dai 24 ai 70 anni: otto storie diverse che entreranno formalmente a far parte della comunità nel culto di Pentecoste. Come si diventa protestanti? Scrivendo una lettera alla chiesa locale. Dove metti la faccia e la firma. Certo non è un traguardo: è solo una tappa. Lettere che finiranno in archivio. Sono il nostro «tesoretto».

Nessuno degli scriventi è figlio o figlia di questa comunità. Sono arrivati da lontano. Hanno scoperto, nella grande città, questo nostro piccolo mondo antico, e dopo essersi documentati per uno o più anni, hanno confessato la loro fede in Dio. E così hanno deciso di salire in barca con Gesù. Una barchetta sulla quale bisogna remare, ognuno deve fare la sua parte. E se, malgrado gli sforzi ai remi, non si va avanti? Non è una nave che ti dà sicurezza e non sai neppure dove stia il motore che la spinge. Sulla barchetta, se non si procede, occorre tirare su la vela, nella speranza che lo Spirito soffi. Remare e issare le vele. Tutta la vita in compagnia di Gesù ha questo ritmo. Remare e sperare che soffi il vento giusto per andare avanti.

Oggi tocca a noi remare. Gesù è presente ma non ti sostituisce: al massimo, se glielo vai a chiedere (dorme in cabina), può indicare la direzione. Il che durante i nostri viaggi succede più volte. Non facciamo altro che disturbare Gesù per sapere dove andare. Non siamo autonomi. E finora lui ci ha sempre risposto!