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Una rinnovata confessione di fede in tempo di crisi

Oltre una ventina di leader cristiani di diverse denominazioni hanno sottoscritto la dichiarazione «Rivendicare Gesù. Una confessione di fede in un tempo di crisi» (http://www.reclaimingjesus.org), che sarà presentata ufficialmente il 24 maggio prossimo in occasione di una marcia che si terrà a Washington (Usa). Tra i firmatari ci sono: il vescovo Michael Curry, presidente della Chiesa episcopale, Jim Wallis, presidente e fondatore di Sojourners, il teologo Walter Brueggemann, il dr. Tony Campolo.

La dichiarazione parte dalla constatazione di vivere un periodo di grandi polarizzazioni, caratterizzata da una crisi di leadership morale e politica che riguarda non solo il governo ma anche le chiese. «Crediamo che siano in gioco l’anima della nazione e l’integrità della fede. È tempo di essere seguaci di Gesù prima di ogni altra cosa – la nazionalità, il partito politico, la razza, l’etnia, il genere, la geografia –, la nostra identità in Cristo precede ogni altra identità. Preghiamo affinché la nostra nazione veda in noi le parole di Gesù: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13, 35)».

Quando il ruolo del governo, che è quello di «servire il bene comune, proteggendo la giustizia e la pace», è minacciato dalla leadership politica, allora i leader religiosi hanno il compito di prendere posizione, affermando in maniera chiara i principi in cui credono.

Così la dichiarazione si sviluppa in sei affermazioni di fede ciascuna delle quali è seguita dal rifiuto di specifiche pratiche messe in campo dai leader politici che «stanno danneggiando pericolosamente l’anima della nazione e stanno minacciando profondamente l’integrità pubblica della fede».

La prima affermazione di fede recita: «Noi crediamo che ogni essere umano è fatto ad immagine e somiglianza di Dio (Gen. 1, 26) (…) Dunque, rifiutiamo la rinascita del nazionalismo bianco e del razzismo nella nostra nazione su molti fronti, compresi i più alti livelli di leadership politica».

I firmatari rifiutano inoltre «la misoginia, i maltrattamenti, gli abusi violenti, le molestie sessuali e l’aggressione contro le donne che sono state ulteriormente rivelate nella nostra cultura e politica, incluse le nostre chiese, e l’oppressione di qualsiasi altro figlio di Dio».

La dichiarazione rappresenta un attacco all’intera agenda del Presidente Donald Trump, che non viene mai citato apertamente. Si legge infatti: «Deploriamo con forza i crescenti attacchi a immigrati e rifugiati, che sono stati trasformati in obiettivi culturali e politici, e dobbiamo ricordare alle nostre chiese che Dio considera il modo in cui trattiamo gli “stranieri” tra di noi una prova della fede (Levitico 19: 33-34). Non accetteremo l’abbandono del benessere delle famiglie e dei bambini a basso reddito, e resisteremo ai ripetuti tentativi di negare l’assistenza sanitaria a coloro che ne hanno più bisogno. Confessiamo il nostro crescente peccato nazionale di avvantaggiare i ricchi sui poveri. Rifiutiamo la logica immorale di tagliare servizi e programmi per i poveri e di ridurre le tasse ai ricchi».

In un altro punto poi, si dichiara: «Rifiutiamo la pratica e il modello della menzogna che sta invadendo la nostra vita politica e civile. I politici, come anche noi, sono umani, fallibili, peccatori e mortali. Ma quando la menzogna pubblica diventa così persistente da tentare deliberatamente di cambiare i fatti per ottenere un guadagno ideologico, politico o personale, la responsabilità pubblica nei confronti della verità è compromessa».

Nell’ultimo punto della confessione di fede si afferma che poiché i seguaci di Cristo sono chiamati ad amare e servire il mondo e tutti i suoi abitanti (Giov. 3, 16), la ricaduta pratica è un netto rifiuto dello slogan utilizzato durante la campagna elettorale di Trump: «Rifiutiamo “Prima l’America” come eresia teologica per i seguaci di Cristo. Mentre condividiamo un amore patriottico per il nostro paese, respingiamo il nazionalismo xenofobo o etnico che pone come obiettivo politico una nazione al di sopra delle altre».

«In un momento di crisi morale e politica – così si conclude la dichiarazione – il nostro bisogno urgente è di recuperare il potere di confessare la nostra fede, piangendo, pentendosi e poi rimediando. Se Gesù è il Signore, c’è sempre spazio per la grazia. Crediamo sia giunto il momento di parlare e di agire in fede e coscienza, non a causa della politica, ma perché siamo discepoli di Gesù Cristo – a cui spetta tutta l’autorità, l’onore e la gloria. È tempo di una rinnovata confessione di fede. Gesù è il Signore. Lui è la luce nella nostra oscurità. “Io sono la luce del mondo. Chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Giovanni 8, 12).