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Con dolce forza

Con un titolo che richiama il linguaggio musicale, ha aperto la mostra composta dalle storie di alcune donne e del loro legame con la musica. Un percorso nato come una delle collaborazioni che il museo degli Uffizi già da tempo ha avviato con il territorio, in questo caso con il comune di Bagno a Ripoli. Si tratta di rapporti che permettono, da un lato, di portare i capolavori degli Uffizi all’esterno e quindi aiutare il territorio ad approfittare della luce che proviene dai capolavori del museo, e allo stesso tempo si tratta di un’occasione per il museo di approfondire, con una prospettiva diversa, alcune delle opere che non godono di grande visibilità. Il direttore Eike Schmidt ha scelto il tema del rapporto delle donne con la musica tra il ’500 e il ’600 e la curatrice della mostra, allestita all’Oratorio di Santa Caterina delle Ruote, è Laura Donati.

Che rapporto avevano le donne con la musica nel periodo di cui stiamo parlando?

«Già nel Cinquecento l’educazione musicale faceva parte a pieno titolo del percorso formativo della donna di buona famiglia. Come esempio abbiamo esposto l’autoritratto di Lavinia Fontana, pittrice. Non abbiamo notizie di lei come musicista, ma si ritrae mentre suona una spinetta proprio per dare un’immagine di sé più ampia: in questo caso la musica non vuole rappresentare prettamente l’esecuzione musicale, quanto una sorta di cultura femminile che arricchisce anche la figura della pittrice. Però, a partire dai primi anni del Seicento nasce la figura della professionista della musica, rappresentata per esempio da un grande personaggio che è Francesca Caccini, ricordata per essere stata la prima donna autrice di un’opera, La liberazione di Ruggiero dall’isola d’Alcina, oppure come le grandi cantanti di corte, famosissime all’epoca: donne spregiudicate come poteva essere Checca Costa o la sorella Margherita Costa, della quale esponiamo dei ritratti in mostra».

Si tratta di un passaggio dall’educazione alla musica per un ambiente domestico verso una maggiore apertura?

«Esatto: così nascono le figure di donne musiciste che sono prevalentemente legate alle corti. Nella nostra mostra ci siamo orientate, evidentemente, alla corte dei Medici e quindi su figure come Francesca Caccini o Arcangela Paladini che oggi è abbastanza sconosciuta ma era una famosa cantante, nonché ricamatrice e pittrice di cui esponiamo l’unica opera oggi nota, un bellissimo autoritratto del 1621. Erano figure che giungevano a corte sotto la protezione di alcune mecenati donne come Vittoria Della Rovere, Cristina di Lorena, Maria Maddalena d’Austria, che riuscivano a portare avanti una sorta di attività professionale, sempre strettamente legata agli ambienti chiusi della corte o delle chiese come quella di Santa Felicita a Firenze».

Cosa possiamo vedere in mostra?

«È un’esposizione un po’ particolare perché espone più tipologie di opere. Abbiamo dipinti ma anche stampe e incisioni d’epoca, abbiamo libri e disegni. La mostra è concentrata all’interno dell’oratorio di Santa Caterina Lantella, spazio seicentesco che già da solo merita la visita, un unico ambiente in cui il percorso è più che altro tematico, perché ad ogni opera pittorica vengono associate le incisioni o i volumi d’epoca che costituiscono le fonti per la storia del personaggio raffigurato.

In questo cambiamento di ruolo delle donne musicista, com’è la reazione dell’auditorio maschile?

«Nei saggi che sono stati pubblicati nel catalogo per approfondire lo studio di queste opere, si evince che un grande cambiamento da parte del pubblico maschile non c’è stato, nel senso che spesso le cantanti di corte venivano, certo, valutate per le loro doti canore, ma anche per la loro prestanza fisica, per la loro capacità di esprimere col corpo l’emotività veicolata dalla voce. L’aspetto fisico era sempre fondamentale e molte di queste figure, tipo Checca Costa, cantante romana affermatasi in varie corti d’Europa, dovevano gestire il legame coi committenti maschili in maniera personale e non solo professionale».

 

Foto: Marietta Robusti, called la Tintoretta, Self-portrait with a Madrigale, c. 1580, Oil on canvas, Galleria degli Uffizi, Florence, Italy