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L’eredità di Lutero non cessa di interrogarci

Alcuni l’avevano chiamato un po’ impropriamente «anno luterano»: il 2017 è sembrato decisamente orientato sulla figura del monaco agostiniano, anche se è pur vero che a lui si deve l’inizio di ogni discorso relativo a quella che poi sarà la Riforma. Non stupisce dunque l’aver assistito, nel corso del 500° anniversario, a una moltitudine di iniziative editoriali, che hanno visto protagonisti anche l’editoria protestante (Claudiana) e autori del protestantesimo italiano che hanno pubblicato saggi presso altri editori; vari testi sono usciti per i tipi di marchi editoriali cattolici, e altri ancora sono stati pubblicati da editori non specializzati nella materia religiosa, anche se di alto livello.

Ha tutta la sua ragion d’essere, allora, l’iniziativa organizzata da Fondazione Centro culturale valdese, Società di studi valdesi e dalla Fondazione per le Scienze religione Giovanni XXIII di Bologna, che propongono a Torre Pellice, giovedì 19 aprile (ore 17, Biblioteca del Centro culturale – via Beckwith 3) un dibattito di presentazione di quella che è l’opera più impegnativa uscita in Italia: «Lutero. Un cristiano e la sua eredità 1517-2017», pubblicazione della casa editrice Il Mulino, coordinata da un gruppo di studiosi che fa capo a Alberto Melloni e che riunisce in due imponenti volumi alcune decine di saggi critici. «Frutto del lavoro di oltre settanta autori di ogni parte del mondo – spiegano gli organizzatori – l’opera propone un’interpretazione globale e plurale della figura di Lutero dal XVI secolo a oggi, nei suoi rapporti con la cultura, la politica e la teologia del suo tempo, ma anche in relazione all’eredità che la sua azione e il suo pensiero hanno consegnato ai cristiani (e non solo) dei secoli successivi e quindi anche al nostro mondo contemporaneo». Fra i nomi del protestantesimo italiano Paolo Ricca e Silvana Nitti.

Verrebbe da chiedersi se vi sia ancora qualcosa da dire, da scavare, a proposito di Lutero: la risposta di Sergio Rostagno, professore emerito della Facoltà valdese di Teologia, autore anch’egli di uno dei contributi all’opera («Che cosa ci resta di Lutero?») e di una delle relazioni che saranno presentate all’incontro, è senz’altro affermativa: «Non siamo ancora usciti dall’anno celebrativo – ci dice – perché sul personaggio Lutero e sulla sua teologia cominciano a uscire gli studi preparati o presentati l’anno scorso nelle varie Università sulla Riforma protestante: per esempio in Spagna (Salamanca). Si credeva che su Lutero tutto fosse già stato detto, ma non è così. C’è tanto da correggere, da scrostare. Bisognerebbe rifare tutta la storia di questi cinque secoli sanguinari. Eppure, si può salvare qualche cosa. A Lutero dobbiamo, come dice bene Silvana Nitti, una nuova comprensione della coscienza: “il soggetto, che aveva fino ad allora sperimentato la coscienza solo come coscienza del peccato, conosce adesso la coscienza della giustificazione, la quale però è fondata altrove, non in una fondazione etica ma in una fondazione esterna a se stessa”. Il soggetto viene liberato per operare secondo la necessità non più sua ma del prossimo».

Oltre al prof. Rostagno, partecipano all’incontro di giovedì 19 Matteo Al Kalak (Università di Modena – Reggio Emilia), autore di due saggi che ruotano intorno al rapporto fra Lutero e il Concilio di Trento, e Gianclaudio Civale, autore di una rassegna sui volumi editi in Italia in argomento, che uscirà sul prossimo numero della rivista Riforma e movimenti religiosi edita dalla Società di studi valdesi.

L’iniziativa, inoltre, ha un valore particolare anche per il Centro culturale valdese, giungendo al termine di un percorso di tre anni intessuto di seminari di studio e di ricerca sul patrimonio librario e museale legato alla Riforma.