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Winnie Mandela, l’icona controversa

«La morte di Winnie Mandela è un duro colpo per il Sud Africa», rileva il pastore battista di Johannesburg Steve Moreo commentando la scomparsa avvenuta il 2 aprile scorso all’età di 81 anni di Winnie Madikizela Mandela «che sarà ricordata come la “madre della nazione”».

Un titolo tributatole da molti sudafricani, prosegue Moreo «per il contribuito che questa coraggiosa donna, malgrado le molte ombre attribuitele, ha saputo dare alla lotta di liberazione del paese al tempo dell’oppressione del regime dell’apartheid».

Sposata con Nelson Mandela per 38 anni, di cui 27 passati lontani quando egli era detenuto in carcere (per la condanna all’ergastolo comminatagli nel 1964), Winnie ha condiviso con il marito gli stessi ideali di un Sudafrica libero e democratico pagandone un prezzo altissimo.

«È stata una figura influente. Una donna combattiva; una testimone, una protagonista, un’attivista che ha sempre lottato per ottenere diritti e giustizia per il suo popolo. Nella sua vita –prosegue Moreo –, Winnie ha saputo mantenere contatti e relazioni anche con la nostra Chiesa battista. Lei, metodista praticante, ha sapientemente utilizzato i suoi legami ecumenici per coinvolgere nei suoi progetti molte denominazioni religiose, non ultima la Chiesa anglicana dell’Africa australe e della diocesi di Johannesburg, in particolare», conclude Moreo.

Negli anni ’80 Winnie caldeggiò la ribellione violenta contro l’apartheid rifiutando ogni possibilità di dialogo con il potere bianco e incoraggiando la caccia ai collaborazionisti neri e ai quali veniva inflitta la pena di morte. Proprio in quegli anni le vite di Winnie e di Nelson Mandela iniziarono a separarsi sentimentalmente e ideologicamente. Mandela riteneva l’uso della violenza e della vendetta soluzioni sbagliate per contrastare l’oppressione; nel 1996 si arrivò al divorzio matrimoniale.

«Malgrado le accuse gravi imputate a Winnie – ha ricordato l’arcivescovo di Cape Town Thabo Makgoba, primate della Chiesa anglicana dell’Africa australe che in questi giorni è a Londra per l’incontro della Lambeth Conference 2020 – Design Group –, molte furono le intuizioni di Winnie che aiutarono la Chiesa anglicana nei giorni bui degli anni ’70 e ’80 e che seppero accompagnare un percorso di maturazione per giungere alla fine dell’apartheid».

 

«L’ho ammirata e rispettata – prosegue Makghoba –, possa dunque riposare in pace e risorgere nella gloria», senza dimenticare, incalzato dall’agenzia di stampa anglicana Acs, che «in passato Winnie ha fatto molti errori, e alcuni davvero gravi che abbiamo aspramente condannato, poi perdonato. Oggi però vogliamo ricordarla per le cose positive come l’aver sempre servito il suo paese e la sua gente».

Sulla figura di Winnie Mandela pesarono e rimangono come cicatrici delle accuse pesanti, tra le tante la complicità per la morte e il rapimento di Stompi Seipei, un ragazzo di 14 anni di Soweto ucciso perché sospettato di essere una spia del governo, sino a fatti più recenti come la denuncia per illeciti finanziari, accusa risalente al 2003.

Sollecitata a pentirsi dall’amico di famiglia e arcivescovo anglicano Desmond Tutu, allora presidente della Commissione verità e conciliazione – il tribunale straordinario istituito dopo la fine del regime dell’apartheid – e a chiedere pubblicamente scusa per quei fatti, Winnie non ammise mai la propria colpevolezza. Per la morte del ragazzo però venne condannata a sei anni di carcere commutati in appello in pena pecuniaria.

Thabo Makgoba nel libro «Madiba. Fede e coraggio» ricorda così Winnie: «Viveva sola in una piccola casa senza elettricità. Era vulnerabile e poteva essere attaccata da chiunque in qualsiasi momento del giorno e della notte. Era una donna coraggiosa».

Makgoba è sempre rimasto in contatto con Winnie, anche quand’era ricoverata in ospedale inviandole regolari sms: «era grata di questi miei pensieri ed era solita dire che ogni volta che riceveva un mio messaggio usciva dall’ospedale, e che dunque erano di buon auspicio».

Anche l’arcivescovo emerito di Cape Town Desmond Tutu, rendendole omaggio, ha ricordato: «Winnie Madikizela Mandela è stata per molti anni un simbolo distintivo della lotta contro l’apartheid. Ha rifiutato di essere ingannata, di esser condizionata dalla reclusione di suo marito; non si è fatta intimidire dalle continue minacce e molestie contro la sua famiglia e la sua persona e ha saputo superare detenzioni, e le condanne e le esecuzioni di amiche e amici. La sua coraggiosa sfida è stata profondamente ispiratrice per me e per molte generazioni di attivisti».