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Il Tribunale Permanente dei Popoli e i diritti violati dei curdi

A Parigi nel 2013 la longa manus del regime turco stroncava la vita di tre militanti curde. Acquista quindi un particolare significato il fatto che in tale città si sia svolta una sessione del Tribunale Permanente dei Popoli sulle tragiche vicende del popolo curdo.

Il 15 e 16 marzo, alla Bourse de Travail, il TPP ha affrontato la spinosa questione delle reiterate violazioni del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario operate dalla Repubblica di Turchia. La finalità, accertare se e quanto Ankara si sia resa colpevole di crimini di guerra nell’ambito del conflitto che ormai da qualche decennio vede contrapporsi lo Stato turco al popolo curdo.

Il TPP è unTribunale d’opinione che opera in maniera indipendente dagli Stati rispondendo alle domande delle comunità e dei Popoli in cui diritti sono stati violati allo scopo di“ripristinare l’autorità dei popoli quando Stati e organismi internazionali hanno fallito nel garantire tali diritti”. Le sentenze del TPP vengono poi inviate al Parlamento europeo, alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, alle commissioni Onu e di altri organismi internazionali.

Nel caso specifico dei Curdi, il TPP presenterà le sue conclusioni, si prevede, a Bruxelles il 24 maggio al parlamento europeo. Questa sessione era presieduta da Philippe Texier, giudice onorario alla Corte de Cassation de France, esperto indipendente della Commissione dei diritti dell’uomio ed ex membro del Comitato dei diritti economici, sociali e culturali dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite ai diritti dell’uomo. Vi hanno preso parte molti altri magistrati, avvocati, giuristi, docenti di fama internazionale. Tra cui Madjid Benchikh, Luciana Castellina, Teresa Almeida Castro, Domenico Gallo, Denis Halliday e Norman Paech. L’atto di accusa contro lo Stato turco è stato presentato dall’avvocato di Bruxelles Jan Fermon, segretario generale dell’Associazione internazionale degli avvocati democratici (AIDD). Con particolare riferimento ai bombardamenti aerei sulla popolazione civile a Diyarbakir, Cizre e Sirnak, ai crimini di guerra commessi dall’esercito turco a Cizre, Nusaybin, Sur e Sirnak, al massacro di Robiski, alle violenze operate contro le donne, all’utilizzo di squadre della morte, alle vessazioni operate dai soidisant “guardiani dei villaggi” e dalle JITEM, forze speciali della gendarmeria turca (presumibilmente quelle che recentemente hanno partecipato, in qualità di “osservatori” a un corso di aggiornamento in una caserma vicentina).

Sono stati inoltre analizzati gli attentati perpetrati contro esponenti della diaspora curda in Europa e il sequestro illegale di Ocalan. Tra le testimonianze raccolte, anche quelle di ex esponenti delle forze di sicurezza turche. Hamit Bozarslan ha riepilogato la storia del popolo turco all’interno dell’impero ottomano e della Repubblica turca mentre il direttore dell’istituto curdo di Parigi, Kendal Nezan, ha ricostruito gli antecendenti che portarono all’esecuzione, pianificata dalle JITEM, del giornalista curdo Musa Anter. Altra testimonianza significativa, quella di Eren Keskin (via Skype in quanto gli era stato impedito di lasciare la Turchia) in merito alle sistematiche violenze sessuali perpetrate contro le donne curde sottoposte a interrogatorio.

Nel suo libro “Hepsi gercek” (E’ tutto vero) Eren Keskin aveva denunciato con fermezza l’utilizzo dello stupro e della tortura da parte dello Stato turco come arma per umiliare le prigioniere e costringerle a “confessare” reati non commessi e a denuciare come “terroristi” anche familiari innocenti. Ovviamente non era possibile ignorare quanto avvenne a Parigi in rue Lafayette nel gennaio 2013 quando tre militanti curde, Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez, vennero uccise. Murat Polat, esponente del Consiglio democratico dei Curdi di Francia, ha raccontato l’orrore nello scoprire il triplice assassinio. Nursel Kilic, membro del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK), rappresentante in Francia del Movimento internazionale delle donne curde e amica delle tre donne vittime del terrorismo di stato, ha ricostruito il percorso politico e umano di queste tre militanti curde e femministe. Sylvie Jan, presidente di France-Kurdistan e André Métayer, presidente di Amitiés kurdes de Bretagne, anche a nome della Coordination nationale Solidarité Kurdistan, hannoespresso tutto il loro disgusto per questo evento delittuoso. L’editore Nils Andersson ha poi voluto contestualizzare il triplice assassinio nella lunga serie di omicidi politici (ormai diverse decine, tra i più noti quello di Dulcie Septembre) avvenuti sul suolo francese dalla fine degli anni cinquanta. In particolare contro militanti antiaparheid sudafricani, Tamil, palestinesi, curdi . Nella maggior parte dei casi senza che i responsabili venissero assicurati alla giustizia. Quanto alle responsabilità della Stato turco nella pianificazione e nella realizzazione del delitto di rue Lafayette, sono state ben documentate, in maniera inequivocabile, dall’avvocato Antoine Comte.

Da segnalare che il giorno precedente della riunione del TPP, nella serata del 13 marzo, i Curdi protestavano a Parigi contro l’invasione della regione di Afrin (nord della Siria), invasione operata dall’esercito turco e dalle bande jiadiste sue alleate. Ma i manifestanti (tra cui anche diversi familiari degli assediati in Afrin) venivano duramente caricati dalla polizia causando numerosi ferimenti.