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Cosa ne è stato dell’eredità di Martin Luther King negli Usa di oggi?

Prosegue la serie di articoli dedicati a Martin Luther King a 50 anni dalla morte, avvenuta proprio oggi, 4 aprile, nel 1968. Dopo l’articolo di ieri ad opera del pastore Italo Benedetti oggi è il turno, oltre all’intervista proposta qui di seguito, anche di un articolo ad opera del professor Massimo Rubboli, docente emerito di Storia dell’America del Nord all’Università di Genova, con una rilettura dell’opera di King al di là della costruzione del mito. Buona lettura!

 

 

Il pastore battista David Emmanuel Goatley è direttore esecutivo della Lott Carey International, un’agenzia globale di assistenza e sviluppo che aiuta a migliorare la qualità della vita nelle comunità emarginate di tutto il mondo. Nel luglio 2006 è stato eletto membro del Consiglio direttivo della National Association for the Advancement of Coloured People (Naacp), la più antica organizzazione per i diritti civili degli afroamericani di cui fece parte anche M. L. King, il cui obiettivo principale è sempre stato quello di garantire l’uguaglianza sociale, giuridica e politica delle minoranze negli Stati Uniti. Al past. Goatley abbiamo rivolto alcune domande.

— Quest’anno, proprio oggi, ricorre il 50° anniversario dell’assassinio di Martin Luther King Jr. Qual è il significato di commemorare la vita e il servizio del pastore King in un periodo in cui gli Stati Uniti stanno affrontando di nuovo e drammaticamente episodi di odio razziale? Cosa ne è stato dell’eredità di King?

«Il Dr. King capì che il lavoro sull’equità razziale e sulla giustizia sociale non era un evento che poteva essere sperimentato o un viaggio che poteva concludersi con l’arrivo in una destinazione specifica. Egli affermò «Benché l’arco dell’universo morale sia molto lungo, esso si piegherà verso la giustizia!”. Il recente aumento della retorica e delle azioni violente ci ha ricordato che dobbiamo continuare a perseguire e costruire equità e giustizia. Il lavoro in corso per realizzare e proteggere l’uguaglianza e la giustizia continua a onorare la sua eredità oggi e in futuro».

— Il pastore Jim Wallis, fondatore della rivista Sojourners che promuove la giustizia sociale, ha detto che da ogni pulpito in America, i pastori dovrebbero predicare che il razzismo è il peccato originale dell’America. Le chiese hanno abbandonato questo tipo di predicazione? Quale dovrebbe essere il loro ruolo nella lotta all’odio razziale e alla disuguaglianza?

«Molti pastori afroamericani proclamarono che “il razzismo è il peccato originale dell’America” molto prima che Jim Wallis scoprisse questa verità, e continuano a farlo. Tuttavia la maggior parte dei pastori bianchi americani non hanno questa posizione. Essi hanno beneficiato del privilegio dei bianchi per così tanto tempo che danno per scontato il loro vantaggio ereditato da generazioni di stipendi rubati ai neri americani e dai sistemi politici, educativi ed economici in corso che continuano a svantaggiare i neri americani e a sopravvalutare i bianchi americani. Le chiese dei bianchi non hanno abbandonato questo tipo di predicazione. E quasi mai hanno predicato che “il razzismo è il peccato originale dell’America”. Il loro ruolo dovrebbe essere quello di sfidare i loro membri di chiesa a lavorare per eliminare l’ingiustizia razziale individualmente e collettivamente».

— Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, durante la campagna elettorale e dopo ha spesso usato un linguaggio offensivo, violento e razzista. Esistono legami tra il risorgere dell’odio razziale e l’attuale leadership politica?

«C’è una chiara correlazione tra la retorica violenta di Donald J. Trump e il risorgere dell’odio razziale. Il suo discorso violento e pieno d’odio è molto probabilmente una causa del risorgere dell’odio razziale. Ci sono ampi esempi nel corso della storia e in tutto il mondo in cui il discorso politico che suscita odio incoraggia alcune parti della cittadinanza verso un aumento dell’odio razziale e della violenza».

— Secondo lei, quali aspetti del pensiero e del metodo di King dovrebbero essere riscoperti e meglio valorizzati nel nostro tempo?

«Il lavoro di King nell’ultima parte della sua vita ha prestato particolare attenzione all’ingiustizia della guerra. Diventò critico della guerra del Vietnam e chiese una tregua unilaterale per far posto ai colloqui di pace. La sua attenzione globale alla guerra ha causato una significativa opposizione da parte di persone che pensavano che avrebbe dovuto limitarsi a questioni di ingiustizia razziale. L’impegno di King per la giustizia razziale si allargò alla giustizia economica per tutte le persone e si ampliò ulteriormente ad un impegno verso la pace a livello globale. Dovremmo riscoprire il suo impegno a difendere la giustizia. Il suo coraggio di onorare la convinzione che tutti gli esseri umani sono preziosi per Dio dovrebbe ispirarci a lavorare per realizzare l’uguaglianza e garantire la giustizia per tutte le persone vulnerabili e violate in ogni parte del mondo».

— In un mondo caratterizzato dalla violenza a più livelli, in che senso e perché la nonviolenza come metodo è un cammino percorribile?

«Le persone malvagie hanno dimostrato la loro volontà di distruggere totalmente gli altri attraverso l’uso della violenza. Pragmaticamente, è impossibile superare il male con il male o superare la violenza con la violenza. La violenza produce la volontà di reagire con violenza. Essa non può mai finire finché tutti non sono morti. Al di là del pragmatismo dell’incapacità della violenza di porre fine alla violenza, le persone che appartengono a Dio devono lavorare per evitare di abbassarsi al livello della violenza. Dobbiamo lavorare per la pace. Dobbiamo lottare per la pace. Dobbiamo costruire la pace se vogliamo che le persone prosperino e il mondo migliori».