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L’ intelligenza artificiale va avanti

Siamo francamente stufi di sentir  parlare di leggi elettorali e non ci appassiona sapere se i penta-stellati faranno il governo da soli o male accompagnati . Sarebbe il caso che i partiti si occupassero immediatamente di quei problemi che hanno messo (tutti) al centro dei loro  programmi.

   Il principale è certamente quello del lavoro. Il governo si è vantato di aver aumentato i contratti a tempo indeterminato, le opposizioni dicono che non è vero, ciascuno sbandiera i numeri che più gli convengono…ma a che cosa serve litigare sui punti delle percentuali?

Sarebbe più serio rispondere: con l’avanzare travolgente dell’intelligenza artificiale  (A.I.) che cosa succederà per il lavoro umano e di conseguenza  per l’occupazione?  A.I significa un apparecchio che è in grado di portare a compimento un’azione tipica di un uomo, come guidare una vettura, decidere dove investire denaro, diagnosticare una malattia, imparare a giocare  a scacchi…Questo era già noto e realizzato parzialmente  negli anni ’70, oggi ciò che è enormemente cresciuto è la potenza di calcolo e lo sviluppo di innumerevoli “sensori” in grado di raccogliere un gran numero di dati sul mondo circostante. Gli esperti sostengono che uno smartphone, che si trova oggi in moltissime tasche, possiede una potenza di calcolo maggiore di quanta ne fosse disponibile per tutta la Nasa al tempo delle prime missioni Apollo…Si moltiplicano  i convegni sulla cosiddetta “smartcity”, la città intelligente, sensibile, più umana, capace di “sentire” i bisogni dei cittadini, dalla mobilità, al consumo energetico,  dall’inquinamento  alla produzione. Un domani, con la robotica e le fotocopiatrici a tre dimensioni, una persona, anziché comprare un i-phone prodotto in Cina, potrebbe acquistare il file del progetto e costruirselo a casa con una fotocopiatrice tridimensionale. Si verificherebbe una rivoluzione nel commercio mondiale: più  sostenibilità e personalizzazione dei prodotti. Forse anche minori chiusure di stabilimenti in un paese e “delocalizzazione”  in un altro, dove i costi di produzione sono più convenienti (con diminuzione dei posti di lavoro e conseguente disoccupazione).

Va detto che questo ottimismo, anche da parte di  esperti quotati come Bill Gates, non è condiviso. Non è ancora detto, infatti, che le macchine siano affidabili, non producano danni: oggi nel mondo digitale si cominciano a conoscere i virus e gli hacker che penetrano nei sistemi informatici: un domani potrebbero impadronirsi dei sistemi automatici non solo di un auto, ma di una fabbrica, di una intera città…

La produzione di un robot dovrà  perciò essere accompagnata da principi da osservare. E quali ? Arriveremo alla follia di una macchina dotata di un’ etica decisa da chi la costruisce?

Rispetto a questo scenario fantascientifico ma non poi così lontano, cosa si può dire e fare per il lavoro  che è  finora costitutivo della dignità umana? Non c’è dubbio che ci sarà ancora bisogno di una attività manifatturiera che coinvolga grandi macchine ( non certo fabbricabili con la fotocopiatrice!) e produzioni elevate, ma se le macchine intelligenti avanzano velocemente, che succederà nell’economia e nella società? Fin dagli anni ’30, soprattutto negli Usa, si è sempre pensato che l’uso razionale delle macchine non avrebbe  eliminato il lavoro, ma avrebbe sostituito i lavori noiosi con altri più creativi e di maggior valore aggiunto.. Ma questa è una prospettiva insufficiente per l’occupazione. Cosa faranno gli “esuberi”?  I camerieri, i parrucchieri , gli spazzini? Con la moviola in campo non  serviranno neanche più gli arbitri per le partite di calcio…

E come si fa a distribuire reddito (stipendi) fino quando le macchine non lo producono? Ovviamente ci dovranno essere soluzioni concordate a livello globale: altro che stare fuori dall’ Europa come sostengono gli incoscienti! Si potranno tassare i robot…arrivare ad un reddito minimo garantito?

Per i cittadini che subiscono da mesi le promesse  da marinaio dei  vari partiti,  per chi la disoccupazione è disperazione  personale e familiare, prima che interessante argomento di convegni in Svizzera o a Silicon Valley, la politica faccia il suo primo dovere, metta in pratica la Costituzione: «l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro… E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine  economico e sociale che, limitando di fatto  la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori  all’organizzazione politica economica e sociale del Paese ».

(Le informazioni tecniche sono  tratte da un dialogo fra Alberto Sangiovanni Vincentelli  e Carlo Ratti: « Un nuovo conratto sociale metterà d’accordo umani e robot » . ( La Stampa,14.3.18)