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Le religioni sono un antidoto alla violenza sui bambini

I rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite, come il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), hanno ribadito quanto le comunità religiose e le chiese svolgano «un ruolo fondamentale nel contrasto alla violenza rivolta a bambine e bambini nella prima infanzia», concetto che era già stato espresso in diverse occasioni, ma che è stato ricordato pochi giorni fa in occasione di un evento collaterale al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e tenutosi l’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna presso il Palazzo delle Nazioni di Ginevra. «L’interazione tra le agenzie delle Nazioni Unite e la società civile, incluse le chiese, è fondamentale per questa terribile piaga rivolta ai giovani in tenera età» è stato ricordato dai promotori dell’iniziativa, co-sponsorizzata dalla delegazione permanente dell’Ue presso l’Onu a Ginevra, Arigatou International, le missioni diplomatiche di Marocco, Messico, Slovenia e Uruguay ed ancora World Vision, Unicef, Oms, dal rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro i bambini e, infine, in rappresentanza delle religioni mondiali, dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec).

Frederique Seidel, il consigliere speciale del Cec sui diritti dell’infanzia ha moderato il gruppo su «Un problema urgente» ricordando che da oltre due anni il Cec e l’Unicef hanno attivato un processo di consultazione per rispondere a una domanda fondamentale: come possono le chiese, attraverso la loro influenza, migliorare la vita dei bambini? Una quesito oggi diventato realtà e impegno concreto delle chiese nei confronti dei bambini, «che ora possono contare sul supporto di oltre 200 chiese e di altrettanti partner in tutto il mondo», ha osservato Seidel. Una notizia apprezzata da Marta Santos Pais, la rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla Violenza contro i bambini che ha ricordato quanto la violenza contro i bambini sia un fenomeno esteso all’intera società.

«La sfida – ha detto santo Pais – è cercare di colpire quelle norme culturali e sociali che giustificano le violenze. È necessario – ha proseguito – sensibilizzare sia gli adulti, sia i bambini. È un compito difficile e che richiede la collaborazione di tutti noi e, in particolar modo, delle chiese che operano capillarmente sul territorio del pianeta. L’impegno delle chiese è stato ribadito in tante occasioni – ha ricordato ancora Santos Pais –, anche nella storica Dichiarazione di Kyoto adottata più di 10 anni fa da, un’ampia assemblea rappresentata da tutte le maggiori fedi». Anche Aaron Greenberg, il consigliere regionale per la protezione dell’infanzia dell’Ufficio regionale dell’Unicef per l’Europa e dell’Asia centrale, ha affermato che «le religioni e le chiese possono raggiungere e operare all’interno delle diverse comunità per il bene dei bambini». Molte chiese, infatti, stanno implementando «i propri sforzi nei confronti dei bambini e stanno operando in relazione allo sviluppo evolutivo», ha rilevato l’Arcivescovo Telmessos, rappresentante permanente del Patriarcato ecumenico presso il Cec, e ha proseguito, «la protezione dei bambini dovrebbe essere la cosa più naturale al mondo per ogni essere umano, ancor di più dovrebbe esserlo per i cristiani.

Nel Nuovo Testamento Gesù disse: “Lasciate i bambini, non impedite che vengano da me, perché il regno dei cieli è per chi assomiglia a loro” (Matteo 19,14)» Maria Lucia Uribe, la direttora di Arigatou International di Ginevra, ha spiegato che la sua organizzazione sta guidando e sostenendo una rete di organizzazioni religiose e di comunità religiose che promuovono i loro sforzi per il bene dei bambini nel mondo, denominata Rete globale delle religioni per i bambini. «Lavorare insieme alle comunità religiose per porre fine alla violenza contro i bambini è ciò che vogliamo fare ed è un impegno importante ma è anche una strada difficile, una sfida» in quanto, ha proseguito Uribe «nonostante vi siano delle leggi ad hoc in molti paesi e che impediscono la pratica delle punizioni corporali nei confronti dei bambini, alcune comunità religiose, ancora oggi, non ne tengono conto sostenendo le pratiche violente. È importante, dunque, che queste comunità religiose creino spazi e momenti di discussione interni, proprio per fare autocritica e rivedere le tradizioni conflittuali su tema». Seppur alcune tradizioni religiose siano «rimaste indietro», come evidenziato, i relatori sono stati concordi su quanto i leader religiosi stiano contribuendo a creare ambienti sicuri per i bambini sfidando anche le norme sociali, culturali e famigliari che spesso giustificano le violenze.