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Centro e periferia, chi decide?

Risorse umane, ottimizzazione e redistribuzione delle risorse, lavoro in team….  tutti concetti che ci siamo abituati a sentire anche nelle chiese, e non più soltanto nelle realtà aziendali.

In Francia e in Svizzera il discorso è a uno stadio ancora più avanzato, anche perché le questioni in gioco (economiche e “politiche”) sono ben più rilevanti che nel contesto protestante italiano.

Avevamo citato all’inizio di gennaio (qui) la situazione di profondo mutamento in corso nelle chiese riformate svizzere, e un aggiornamento arriva dalla chiesa del cantone di Vaud (Eerv), il cui sinodo, riunito gli scorsi venerdì e sabato (9-10 marzo) in sessione straordinaria a Prilly, ha esaminato il rapporto del Consiglio sinodale, organo esecutivo della Eerv, per quanto riguarda «la distribuzione delle risorse umane tra i diversi tipi di ministero». Lo riferisce Joël Burri dell’agenzia stampa Protestinfo, commentando l’esito di una votazione che, dopo sei ore di dibattito introduttivo, ha respinto le proposte dell’esecutivo.

In sintesi, qual era la proposta? All’inizio dell’anno è stata prospettata la diminuzione dei tempi pastorali da 220 a 204 circa, conseguenza dell’accordo preso con le autorità cantonali per riequilibrare le sovvenzioni pubbliche alle chiese (di cui beneficerà in sostanza la chiesa cattolica, che ne riceverà di più). Questo significa, per la chiesa protestante, un ripensamento della ripartizione delle forze pastorali, le famose risorse umane.

La proposta del Consiglio sinodale era di implementare la gestione a livello cantonale di alcune attività (in particolare opere e comunicazione), e allo stesso tempo di favorire nuove forme ecclesiastiche, forse a scapito delle parrocchie tradizionali ma più vicine alla realtà sociale attuale, in modo da «aumentare la superficie di contatto della chiesa con la società», secondo l’espressione utilizzata dal Consiglio sinodale. In altre parole, approfittare della «crisi» dell’assetto ecclesiastico per trovare una nuova spinta propulsiva.

Questa spinta al cambiamento e all’innovazione ha scontentato il Sinodo, che si è detto non pronto ad accogliere la proposta; inoltre, la commissione d’esame che ha esaminato il dossier ha sottolineato con rammarico che, «nonostante le diverse varianti proposte dall’esecutivo, non è stata proposta alcuna alternativa all’accentramento».

Dai membri del sinodo, pastori e laici, critici verso una proposta vista come troppo «gerarchica e clericale», è stata espressa la convinzione di dover rinforzare le singole comunità, piuttosto che la sede centrale, e la rivendicazione della loro vitalità. «Si dà per certo che le chiese stiano crollando, ma non è affatto così!», ha affermato uno dei deputati laici. Secondo l’assemblea, insomma, occorre puntare di più sulle periferie che sul centro, sui membri di chiesa e i pastori, che «non sono così assorbiti dall’ordinaria amministrazione (culti e funerali) da non potersi concentrare sui modi di rinnovare la chiesa, come vorrebbe far credere l’esecutivo», ha commentato uno dei membri della commissione d’esame. Qualcun altro ha osservato che «il centro sembra non essere più in contatto con le realtà delle singole chiese», e già prima dell’incontro era stata avanzata la richiesta di una relazione più dettagliata da parte del Consiglio sinodale. Purtroppo i tempi stringono, la necessità di un nuovo assetto per l’Eerv riguarda già l’anno in corso. Resta da vedere come si riuscirà a conciliare i differenti bisogni, tra cui quelli espressi durante il Sinodo: «una chiesa centrata sulle comunità locali, che non devono essere indebolite ma sostenute e incoraggiate, una chiesa che voglia unire le generazioni e i diversi contesti sociali e culturali, una chiesa meno burocratica e più fraterna, preoccupata di favorire l’incontro, lo scambio prima che di fare funzionare la sua struttura, un organo centrale in grado di fornire strumenti e professionalità a sostegno delle periferie e di dare la giusta visibilità alla chiesa»; e ancora, «una decentralizzazione del processo di decisione e controllo e un rinnovamento della fiducia verso i diversi contesti ecclesiastici, con una maggiore sinergia e integrazione fra le varie attività».