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Il romanzo inglese specchio della modernità

Se è vero che sono economiche le forze motrici della storia, dei processi e delle forme culturali, è conseguente che la modernità industriale, che ha la sua fucina in Inghilterra e prende dalla regina il nome di «vittoriana», abbia fatto dell’inglese la lingua più parlata nel mondo.

Non altrettanto scontato era che quella letteratura, che aveva annoverato Shakespeare all’alba dell’età moderna, costituisse all’apogeo un «oceano di racconti», il romanzo inglese, forse la più variegata ricchezza del patrimonio letterario europeo. Paolo Bertinetti, professore di Letteratura inglese presso l’Università di Torino, ha compendiato questa ricchezza in un’agile guida-invito alla lettura*.

Un percorso che da Defoe, che all’inizio del 700 inventa con Robinson Crusoe il prototipo del romanzo moderno, passando per una ventina di mirabili narratori arriva fino a Joyce e Woolf che, nel primo 900 delle avanguardie inventano il cosiddetto stream of consciousnes, la tecnica narrativa della libera rappresentazione del pensiero di una persona, il flusso che scorre associando un momento di pensiero all’altro, per chiudere con Le Carré, tra i best seller romanzieri di oggi. Ora, poiché è già esaurientemente e brillantemente breve il focus di Bertinetti su capolavori come I viaggi di Gulliver, David Copperfied, L’isola del tesoro, Cime tempestose, Alice nel Paese delle meraviglie, Il ritratto di Dorian Gray, Cuore di tenebra, Ulisse, La signora Dalloway, ecc., lascio a quanti hanno già frequentato cotanta letteratura o vogliono approcciarla di leggersi le 175 agili e belle pagine. Mi limito a dire qui di due elementi forti che mi fanno apprezzare e amare il romanzo inglese. Primo: il genio pragmatico inglese fa sì che la sua letteratura sia a un primo livello un raccontare avventure, vicende godibili, affascinanti.

A livelli più alti il raccontare si arricchisce di figure, di metafore, di valori significanti. L’isola del tesoro è un esempio: storia di pirati, di mare, che si fa allegoria della dialettica del bene e del male nell’umano. Secondo. Viviamo quella che a uno storico inglese, Eric Hobsbawm è apparsa una «regressione alla barbarie». Modernità, trionfo della borghesia, industrialismo dell’età vittoriana, «ribellione delle masse» nascono inglesi. Ci siamo ammalati dei nostri eccessi, di dismisura di libertà, benessere, sete di possesso, consumo. Nessun’altra letteratura come quella della cultura che più di tutte ha messo in piedi il mondo che viviamo ha saputo sondarne con vigore di pathos, di sofferenza, di humour le contraddizioni, le antinomie della modernità. Un grande anglista, Mario Praz l’ha chiamata la «letteratura dell’età dell’ansia». * P. Bertinetti, Il romanzo inglese. Roma-Bari, Laterza, 12017, pp. VII-181, euro 14,00.