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Dalla complicità alla collaborazione con una “mente rinnovata”

In quest’anno affollato di anniversari importanti – tra cui i 70 anni della Costituzione italiana e della Dichiarazione universale dei diritti umani – la Giornata internazionale della donna ci porta a riflettere, ancora più profondamente, sulle tematiche di genere nella prospettiva dei diritti delle persone e dei doveri che la società ha nei loro confronti. Se, volgendo lo sguardo indietro, ci soffermiamo a considerare ciò che ha determinato e perpetuato la disparità nelle sorti riservate a uomini e donne, non possiamo non notare una storia con molti protagonisti e tante complicità.

Ci sono stati gli opinion leader che nel corso dei millenni hanno forgiato le menti attraverso pensieri, definizioni, scritti, che tendevano a dimostrare quanto l’uomo fosse superiore alla donna. È impressionante vedere come giganti del pensiero, scienziati, scrittori, poeti, religiosi, politici, medici, filosofi, storici – vissuti in aree, culture ed epoche diverse – siano stati tutti concordi nel dare per scontata l’inferiorità femminile. E i poteri politici? Non hanno fatto altro che gestire la cosa pubblica da una prospettiva maschile, legiferando unilateralmente anche su temi relativi alle donne o alle famiglie. Il problema di una società essenzialmente squilibrata non sfiorava neppure la mente di governatori eccellenti.

Conniventi anche le religioni, che non hanno mai preso completamente coscienza delle loro responsabilità. Parlando del cristianesimo, l’utilizzo che i capi religiosi hanno fatto del testo biblico per sancire lo status quo; il loro modo di presentare Dio come un maschio che detta leggi a una Chiesa, femmina, destinata solo a ubbidire, pena gravi maledizioni e punizioni; l’utilizzo di alcune affermazioni scritturali estrapolate dal contesto storico e culturale come espressione del volere divino per convincere le donne a sottomettersi sono tutti elementi che hanno aggiunto lo stigma del sacro su uno squilibrio epocale. Senza voler parlare di chi ha esercitato volutamente violenza contro le donne, ritengo complici di questo squilibrio di genere anche gli uomini corretti che ne hanno ignorato la gravità. Perfino di fronte a crimini conclamati, in troppi hanno agito come se la cosa non li riguardasse, sottovalutando il fenomeno.

E complici, ahimè, anche le donne che in larga misura hanno assimilato una cultura che le decretava inferiori, bisognose di guida e appoggi vari. Sicuramente anche per garantirsi una vita appena accettabile, se non per sopravvivere, sono state incapaci per troppo tempo di aprire gli occhi sulla realtà. Pesantemente condizionate, hanno finito col recepire concetti errati e li hanno trasmessi inalterati nell’educazione dei maschi e delle femmine.

L’apostolo Paolo parla della necessità che i credenti siano «trasformati mediante il rinnovamento della mente». Anche nell’affrontare queste tematiche, bisogna che impariamo a rinnovare i nostri pensieri superando gli stereotipi, elaborando nuovi concetti, agendo in modo più coerente con gli ideali in cui crediamo, lottando contro l’indifferenza che così facilmente ci attanaglia quando pensiamo che certe cose non ci riguardino, educando le giovani generazioni al rispetto della dignità di ogni essere umano.

Se la nostra mente riuscirà a elaborare nuovi e più corretti pensieri, le azioni saranno naturalmente conseguenti. E riusciremo a vedere nuove strade da percorrere verso una più giusta direzione. Magari non ciascuno per conto proprio. Se in passato la complicità ha caratterizzato il perpetuarsi di uno squilibrio, la collaborazione fra tanti soggetti che operano con una mente rinnovata potrebbe davvero fare la differenza e invertire la rotta. Come credenti stiamo imparando a combattere assieme per la libertà religiosa, per il rispetto dei diritti, per un miglior uso dell’ambiente. Quello della disparità di genere è un tema che può e deve essere affrontato assieme per cercare di raggiungere mete positive, e magari offrire un piccolo spiraglio di luce alla società in cui viviamo.