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Lo spirituale nell’arte. Espressione di armonia tra le fedi

Il Tavolo Interreligioso di Roma organizza, per il terzo anno consecutivo, una mostra in occasione della World Interfaith Harmony Week, lanciata otto anni fa dalle Nazioni Unite. L’arte come linguaggio tra le fedi è un veicolo essenziale per costruire ponti e portare messaggi di pace e tolleranza; gli organizzatori, attraverso questa citazione di Kandinskij che compone il titolo dell’esposizione, vogliono sottolineare il senso profondo che l’arte può dare nell’esprimere la propria  spiritualità. Gli artisti che partecipano provengono da diverse fedi e varie culture, in questa mostra insieme per il dialogo e il rispetto reciproco.

Ne parla la direttrice del Tavolo interreligioso di Roma, Maria Angela Falà.

Come avete organizzato la mostra e dove si svolge?

«Quest’anno, come già l’anno scorso, la mostra si svolgerà nello spazio della Grande Moschea di Roma, importante centro culturale islamico d’ Italia, in un’ambiente che l’architetto, Paolo Portoghesi, aveva pensato come luogo di esposizioni, quindi nato effettivamente per poter rendere al meglio la visione e il godimento delle opere. Soprattutto per noi era fondamentale questa scelta, fatta dal presidente della Grande Moschea, di essere presenti in un luogo simbolo della comunità islamica nel nostro paese, che molto spesso, come sappiamo, è sentita in modi molto complessi».

Rispetto all’esperienza dell’anno scorso, come è emersa la spiritualità attraverso le opere esposte?

«La spiritualità è emersa, per esempio per le tradizioni buddhista, cinese,  ebraica e islamica, attraverso la calligrafia: un mezzo che dà un messaggio specifico legato all’espressione della spiritualità. Ci sono stati anche artisti provenienti da paesi come la Libia, la Tunisia, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Tibet,… e ognuno ha dato una visione specifica anche rispetto ai colori, alle tecniche, alla sensibilità di questi paesi. La prima nostra esperienza, tre anni fa, che si è svolta al museo Mastroianni di Roma, era invece legata alle donne: siamo partiti dando possibilità di dialogo al femminile e poi, le stesse artiste hanno pensato che il dialogo sarebbe dovuto avvenire fra tutti e tutte. Quindi dall’anno scorso c’è stata un’apertura a tutto tondo, per permettere di esprimere questo sentimento di unità attraverso l’arte, in un momento che consente agli artisti di vivere insieme nel momento della preparazione della mostra».

In occasione della World Interfaith Harmony Week, quali altri eventi avete in programma?

«Apriremo la mostra il 22 marzo, poi il 25 ci sarà una visita alla Grande Moschea per poter godere sia della mostra che per visitare l’ambiente che la accoglie.  In occasione della chiusura, il mercoledì seguente, abbiamo deciso di organizzare un convegno che rifletta su come l’espressione artistica delle varie religioni riesca a esprimere il cuore della loro sacralità, sia nelle religioni con una rappresentazione sacrale non iconica, come possono essere quella islamica o protestante, o più iconica come nel cattolicesimo. Cerchiamo di coniugare una riflessione sul valore dell’arte e del messaggio artistico, che porti luce in un periodo di ombra».

 

Foto: Di Archeologo – Opera propria, CC BY-SA 4.0