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Frida Kahlo a Milano

Ne sono stati fatti due film, uno nel 1986 e l’altro, celeberrimo, nel 2002, innumerevoli documentari e svariate biografie. Il suo volto è familiare, grazie anche ai molti autoritratti prodotti nel corso della vita. Si tratta di una delle artiste più note e amate di sempre; le sue opere simboliche sono, a loro volta, diventate simbolo di indipendenza e autodeterminazione femminile fino a oscurare qualsiasi altra artista. Nonostante questo, Frida Kahlo è prima di tutto una pittrice di talento, la cui vita si è intrecciata con importanti eventi politici e artistici dell’inizio del Novecento. Amava far coincidere la propria data di nascita con l’anno della rivoluzione messicana, il 1910; ha fatto parte attiva del Movimento Comunista Messicano a cui si iscrisse nel 1928; André Breton, poeta e teorico del surrealismo, la invitò a Parigi, dove le venne dedicata una mostra e dove frequentò gli esponenti del movimento surrealista, molto in voga in quegli anni, a cui però non dirà mai di appartenere. Ha sempre mantenuto la propria autonomia stilistica parlando di se, del proprio corpo, del Messico e del suo folklore. Ora è a Milano, al Mudec, in una mostra tra le più complete che l’Italia abbia visto. Ne parla il curatore, Diego Sileo.

Il titolo della mostra rimanda oltre al mito di Frida Kahlo, quindi dove ci porta?

«Attraverso la mostra Frida. Oltre il mito, in corso al Mudec fino al 3 giugno, si cerca per una volta di accantonare la leggenda e tutto ciò che ha sempre ruotato intorno alla vita e alla biografia di Frida Kahlo per provare a presentarla come una delle più grandi artiste del secolo passato. Si cerca quindi di sottolinearne la capacità tecnica e l’unicità stilistica all’interno di un panorama affollatissimo che è quello dell’arte contemporanea internazionale».

Le sue opere sono note per essere simboliche e molto allegoriche. Come le descriverebbe e come determinano il successo di questa pittrice?

«È vero che le opere sono molto simboliche, ma è anche vero che raccontano molto della sua realtà e del suo contesto storico-politico, ed è questa la mescolanza interessante e unica dell’arte di Frida Kahlo: la capacità di attingere a elementi decisamente realistici e appartenenti a un contesto ben preciso, quello del Messico post rivoluzionario. Emerge un’epoca ben precisa ma in una chiave personale, estremamente ironica, dettaglio importantissimo, e con tratti surreali. È proprio per questo, forse, che piace a molti: perché ha saputo rendere indimenticabile un’intera epoca e quindi, inevitabilmente, a rendere il suo linguaggio unico e estremamente distinguibile».

In generale abbiamo tutti bisogno di simboli, ma Frida risponde a questa richiesta descrivendo la realtà. Potremmo definirla sincera?

«Frida Kahlo ha sempre sostenuto, raccontato e dichiarato di rappresentarsi così come di fatto era, in assoluta sincerità. Uno stile molto diretto, per alcuni anche troppo esplicito, perché per alcune opere il linguaggio di Frida è anche molto crudo, assolutamente diretto e a volte anche eccessivamente realistico. Però lei ci teneva molto a sottolineare questo aspetto, cioè che quello che lei rappresentava era parte della sua vita e quello era il suo corpo, con tutti i suoi difetti, dolori, difficoltà e sofferenze. Poi è anche vero che la realtà veniva filtrata dal trucco o dagli abbigliamenti, sempre molto ampi; era un modo di provare a raccontarsi così com’era, senza filtro, ma anche, in un certo senso, raccontare la sua estetica, perché sempre un’artista era».

È un’esposizione significativa perché raccoglie molte opere che non deve essere stato facile far arrivare. Cosa vediamo in mostra?

«Mettere insieme le opere è sicuramente stato il compito più difficile; molti la amano, la seguono e in molti cercano di fare mostre di Frida Kahlo. Lei poi è un’artista che non ha dipinto moltissimo perché ha vissuto anche poco. In totale, come numero di pitture siamo intorno alle 120, massimo 130, e in mostra ne abbiamo oltre 70. Questo per far capire l’abbondanza di opere che siamo riusciti a ottenere. Ci sono sicuramente alcune delle sue opere più note, come i celeberrimi autoritratti, ma ce ne sono tante mai viste prima in Italia, che siamo riusciti a far viaggiare per la prima volta, provenienti da tutti i musei messicani che hanno aderito al progetto, da gran parte dei musei americani e da molti collezionisti privati. In più ci sono delle opere inedite, mai viste prima al mondo perché sono state scoperte o riscoperte soltanto in questi ultimi anni, ritrovate dopo decenni in cui si pensava fossero andate distrutte o perse».