usigrai_scelte_editoriali

Se l’informazione dimentica gli esteri

«Il giornalismo opera una selezione e gerarchizzazione delle notizie, attraverso la quale, il cittadino/utente non solo si informa ma compie una costruzione di senso di realtà», scrive Anna Meli nel primo Rapporto curato da Cospe Onlus (ong che si occupa di cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti), dal sindacato Rai dei giornalisti (l’Usigrai), dalla Federazione nazionale stampa italiana, sindacato dei giornalisti (Fnsi) e dall’Istituto di ricerca, Osservatorio di Pavia.

«Il potere della comunicazione è pervasivo nella misura in cui – rileva Meli, direttrice della comunicazione del Cospe – contribuisce a dare forma (in-formare) a tutte le possibili sfere dell’agire sociale, determinando non solo opinioni, ma anche posizioni, scelte e azioni».

Il rapporto «Illuminare le periferie», recentemente dato alle stampe e presentato al pubblico, informa su quale e quanto spazio i telegiornali italiani dedicano nei loro servizi redazionali ai fatti esteri: una realtà del mondo «spesso limitata geograficamente» e che, più o meno volutamente, «oscura i temi chiave utili per una comprensione, anche minima, di fenomeni quali la migrazione o il terrorismo, per non parlare delle cause delle disuguaglianze e dei conflitti», prosegue Meli.

Il Rapporto contiene l’agenda, ossia l’ordine di importanza, e i tempi concessi che i Tg generalisti hanno dedicato alle notizie estere negli anni; una statistica emersa dalle analisi di Paola Barretta e Giuseppe Milazzo dell’Osservatorio di Pavia.

I luoghi (confronto tra aree geografiche) protagonisti nella narrazione televisiva sono l’Europa (la più «gettonata» dai Tg) con una percentuale che tocca dal 2005 al 2017 il 43%; seguono il Nord America con il 20%, l’Asia con il12%, il Medio Oriente con l’11, l’Africa con il 9, il Centro e Sud America con il 5%.

Scelte editoriali che hanno affrontato essenzialmente questioni politiche o legate alla cronaca, al terrorismo, a guerre e conflitti, o a notizie soft, ossia di colore o minori (spettacolo, costume e società) e, infine, l’immigrazione che che seppur tra le notizie nazionali sia percentualmente forte, in quelle dedicate agli esteri sfiora un pallido 6,7%, rispetto al 39,1%, dedicato alla politica e nella sola Rai.

L’analisi quantitativa e qualitativa del Rapporto si riferisce alle edizioni del prime time delle sette reti generaliste: Tg1, Tg2, Tg3 per le reti Rai; Tg4 e Tg5 e Studio Aperto per e reti Mediaset e ilTgLa7 per La7.

Si tratta di un’analisi «diacronica che comprende il quinquennio dal 2012 al 2016», con un aggiornamento al primo semestre del 2017 dove «la base dei dati è corposa – afferma Paola Baretta –, sono oltre 14 mila le edizioni dei notiziari monitorate, i risultati godono pertanto di un’ampia affidabilità».

Un rapporto utile e interessante che «meriterebbe di essere letto in tutte le redazioni italiane, e non solo – scrivono Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, presidente e segretario della Fnsi, nell’introduzione –, perché in modo argomentato, documentato, privo di polemico e improduttivo rancore, esamina modi, forme e tempi della rappresentazione del mondo nei principali Tg nazionali».

Nel rapporto, tuttavia, emergono ancora troppe «periferie oscurate», anzi, veri e propri continenti oscurati, od illuminati ad intermittenza «solo quando, magari a causa del terrorismo o delle ondate migratorie – proseguono Giulietti e Lorusso – entrano in relazione con il “nostro” mondo, e sembrano destare un’attenzione dettata da allarme e paura». Sostanzialmente, concludono, quelle realtà esistono solo se e quando interferiscono con la nostra vita.

In effetti dal 2012 al 2017 le periferie, ci dice il Rapporto, sono aree, contesti e temi strutturalmente assenti dall’agenda giornalistica e «raccolgono solamente l’1% della pagina degli esteri», dunque 492 notizie in 5 anni e mezzo, con una media di una notizia al mese per telegiornale.

Percentuale che nel biennio 2015-2016 si è ulteriormente abbassata (0,2%).

Categorie in cui si collocano principalmente le notizie sull’Africa: Sud Sudan, Niger, Somalia, Sierra Leone.

Nei reportage si raccontano i drammi della popolazione, si illustrano dati e numeri della crisi, si forniscono immagini.

In tutto sono state 26 le notizie in due anni. Cinque invece le notizie relative alla povertà e alle carestie, 14 quelle dedicate all’aiuto e alla solidarietà, 26 quelle legate alle epidemie, 8 quelle relative al cambiamento climatico. Tra le voci (parole chiave) più citate dai Tg e correlate alle periferie emergono: associazioni umanitarie (42%), papa Francesco (22%), medici (19%), testimoni (8%), Corpi militari (6%) e Agenzie governative (3%).

«Il vero compito dell’informazione – sostiene Anna Meli – è quello di fornire a tutti i cittadini il maggior numero di strumenti per riuscire a leggere la realtà e i contesti in cui viviamo e agiamo. Contesti mutevoli, poliedrici e complessi. Per questo è necessaria una più stretta collaborazione tra i mass media, le ong e altri soggetti che quotidianamente lavorano per interpretarli».

Il Rapporto è disponibile qui