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L’Italia si mobilita a fianco del popolo curdo

La brutale sequenza di attacchi dell’aviazione e dell’esercito turco contro il cantone di Afrim  in Rojava, è stata definita (con macabro umorismo): «ramoscello d’ulivo».

Forse, suggerisco, «piombo fuso» sarebbe apparso più consono, vista la preferenza per gli obiettivi civili. I tragici eventi non sembrano aver scosso più di tanto le coscienze dei responsabili politici occidentali, sia di quelli europei che degli ex alleati dei curdi, gli statunitensi. Per non parlare di Putin che li ha semplicemente “venduti” al suo nuovo alleato Erdogan. Evidentemente finché i curdi fornivano l’indispensabile carne da macello per combattere l’Isis sul terreno si potevano anche sostenere, magari elogiare. Ma ora, di fronte alla protervia del governo turco, tutti (chi più che meno) sembrano intenzionati ad assistere passivamente all’ennesimo sterminio di Stato. Dopo aver ordinato di radere al suolo intere città curde (in Bakur, nel sud-est dello Stato turco), dopo aver incarcerato migliaia e migliaia di giornalisti, avvocati, insegnanti, amministratori democraticamente eletti, Erdogan (consapevole di poter agire non solo impunemente, ma anche con un certo sostegno a livello internazionale, in particolare da parte di chi gli fornisce moderni armamenti) sembra voler ora applicare la “soluzione finale” contro l’autogoverno dei curdi nel nord della Siria.

Sa che comunque i noti “sepolcri imbiancati” non interverranno, rimandando magari a dopo  il «rammarico per le vittime civili». Al solito, a strage avvenuta.

Tuttavia, almeno da alcuni settori della società civile, non mancano le iniziative per esprimere solidarietà alle popolazione martoriate, sottoposte a bombardamenti devastanti. Proprio in quanto curde.

Da Firenze a Bolzano, da Trieste a Bruxelles. E presto, a giorni, anche a Vicenza.

A Firenze una folta schiera di associazioni (CPA Firenze sud, Cantiere Sociale K100Fuegos, Collettivo Politico Scienze Politiche, Rete dei Collettivi Fiorentini, PerUnAltraCittà, Comitato Fermiamo la Guerra, ANPI Sezione “Potente”, ANPI Campi Bisenzio, CUB Firenze, Confederazione COBAS Firenze, Circolo LOKOMOTIV di Via di Petreto -Pistoia) insieme alla Comunità Kurda in Toscana, ha indetto una serie di iniziative per «denunciare i rapporti economici e militari dell’Italia con il regime di Erdogan».

Questi gli incontri fiorentini previsti:

MERCOLEDI’ 24 Giornata di mobilitazione e protesta, dalle 18.00:

– sotto la sede di Leonardo-Finmeccanica –Via delle Officine Galileo 1 a Campi Bisenzio [FI];

– sotto la sede del Consolato russo – Via de’ Guicciardini 15 (Ponte Vecchio) a Firenze

VENERDI’ 26 Iniziativa in sostegno alla resistenza kurda e presentazione della biografia di Sakine Cansiz “Tutta la mia vita è stata una lotta” dalle ore 20.00 al CPA Firenze Sud

LUNEDI’ 29 Presidio sotto il consiglio comunale dalle 15.30 con Conferenza Stampa; alle 18.00 corteo da Palazzo Vecchio verso la Prefettura. In Consiglio Comunale verrà proposta una mozione di condanna alla Turchia.

MERCOLEDI’ 31 proiezione di “Yesil Kirmizi” (rosso-verde) docu-film su Amedspor, la squadra di calcio della capitale kurda Amed (Diyarbakir), dalle ore 21.30 al CPA Firenze sud con il CS Lebowski.

Per Bolzano, la manifestazione di sostegno alla popolazione curda è del giorno 24 gennaio, in piazza Walther.

In un comunicato le associazioni promotrici hanno ricordato che «circa tre anni fa, quando iniziò l’assedio della città di Kobane da parte dello Stato Islamico, gli unici a combattere e sconfiggere sul campo i miliziani islamici furono proprio Unità di protezione del Popolo, che fino ad oggi sono state decisive nella sconfitta dei miliziani dell’Is.

In questo periodo di tempo molte cose sono cambiate, se tre anni fa, anche a livello ufficiale, si parlava della necessità di dare armi ai curdi per resistere, si pubblicavano sui giornali le foto glamour delle donne guerrigliere curde, si esaltava l’epopea di Kobane come una resistenza alla barbarie, etc.

Oggi di fronte al criminale attacco di Erdogan in tutto il mondo regna l’assoluto silenzio, nessuna voce si alza per condannare l’attacco ai civili di Afrin ed a coloro che da anni combattono in difesa della propria libertà e della propria terra.

Un assordante silenzio conferma per l’ennesima volta quanto la retorica della “lotta al terrorismo” dietro alla quale si nasconde l’operazione terroristica di Erdogan, serva in realtà a coprire l’intenzione di distruggere un progetto di rivoluzione sociale che nel corso di questi anni, oltre a respingere i miliziani jihadisti, sta portando avanti la costruzione di una società in cui le donne hanno pari dignità rispetto agli uomini, e in cui viene messo in discussione il sistema capitalistico di produzione».

A Trieste è stato invece il Coordinamento Kurdistan-Trieste a promuovere una manifestazione per il giorno 26 gennaio (venerdì) in Piazza Unità.

L’odierno, ennesimo massacro, denunciano i militanti triestini «avviene con il silenzio complice delle varie potenze impegnate nell’area (dagli Usa alla Russia). Questo nonostante le milizie di autodifesa delle YPG/JPG siano state le uniche sul campo ad aver combattuto vittoriosamente l’Isis.

Occorre rompere il silenzio su ciò che sta accadendo in quella regione e ribadire il nostro sostegno alla rivoluzione in Rojava, un’esperienza che, fra tanti limiti e contraddizioni, è l’unica alternativa sociale ad oggi reale alle dilanianti lotte per il potere, che assumano caratteri e rappresentazioni nazionali o imperialiste, etniche, tribali o religiose».

Per Vicenza la data definitiva non è ancora esattamente stabilita (primi giorni della settimana prossima, comunque), ma le riunioni per organizzare la legittima protesta dei cittadini sono già in corso.

Una manifestazione dovrebbe svolgersi davanti al Vescovado. Con l’intento di richiamare l’attenzione del mondo cattolico sul prossimo incontro di Bergoglio con Erdogan (previsto per il 5 febbraio, pare).

A tale proposito, una considerazione. In Argentina, giustamente, papa Francesco ha voluto incontrare i rappresentanti del popolo Mapuche, oppresso e sfruttato. Agli occhi di una parte dell’opinione pubblica apparirebbe altrettanto significativo, oltre che altrettanto giusto, incontrare qualche esponente del popolo curdo. Magari, se non è chiedere troppo, lo stesso prigioniero Ocalan, il Mandela curdo.