construction-worker-safety-helmet

«Non è successo niente»

Nel terribile “incidente” sul lavoro avvenuto alcuni giorni fa in un una piccola industria metalmeccanica alla periferia di Milano, la cosa  veramente inaccettabile è che quei lavori di pulizia e manutenzione di forni o pozzi sotterranei, dove facilmente viene a mancare l’ossigeno e si diffondono altri  gas  letali, debbano ancora essere svolti da persone e non dai sempre più diffusi e reclamizzati robot, di cui sentiamo ogni giorno meraviglie.

La cosiddetta “intelligenza artificiale” diventa sempre più capace di sostituirsi a un  operaio anche specializzato. Peccato che coesista  spesso con la delinquenza umana ( pagare il meno possibile per la sicurezza degli impianti e  dei luoghi di lavoro) e a volte anche solo con la stupidità. Un esempio: molti avranno visto che  per la pulizia quotidiana del fondo delle piscine viene impiegato un piccolo ragnetto che percorre con precisione tutto il fondo e di  angoli per eliminare la sporcizia, le foglie secche. Per  alleviare la fatica delle pulizie domestiche, sono ormai acquistabili robot che vanno a  combattere lo sporco che si deposita negli angoli più difficili dei pavimenti, sotto i mobili. Pensiamo alle innovazioni per la guida, l’automobile che si parcheggia o che frena da solo con i sensori, il  navigatore che ti guida e chissà quanto altro ci aspetta.  Sulla necessità di questi “progressi”  tecnologici ( ma non culturali) le opinione sono diverse, stupore meravigliato da una parte e dall’altra timore perché ci sarà sempre  più automazione e sempre meno posti di lavoro, con difficili ricollocazioni dei dipendenti in esubero, come si dice con una orrenda parola. E’ certo però che di fronte alla nuova tragedia avvenuta nello stabilimento di zona Greco, con  3 operai uccisi e 3 altri assai gravi ( anche, sembra, per  un ritardo nell’arrivo delle ambulanza) la prima domanda che mi viene è: ma perché mai, tanto più dopo tutti i casi simili ( pulizia di cisterne, tini…) non si realizzano robot  o diavolerie simili, con comandi a distanza, per far effettuare alle macchine tutti quei lavori semplici ma esposti a  probabili emissioni di veleni  e quindi facilmente mortali per chi ne è vittima e per i primi soccorritori ( come è successo nel milanese, dove due operai sono morti nel disperato tentativo di salvare  la vita ai loro compagni).

In altri “incidenti” si è detto  e si dirà che si trattava di lavori di routine, fatti centinaia di volte, e ritenuti sicuri (anche dal punto di vista degli operai): «Non è mai successo niente» si dice in questi casi  e forse ogni tanto chi scendeva nel pozzo era  senza  mascherina per aver meno impicci…

Sono passati già dieci anni dal terribile incendio che devastò la  fabbrica torinese della Thyssen-Krupp provocando la morte di 7 lavoratori. Insieme al processo si parlò subito della necessità di una nuova legge che ancora oggi non è stata approvata: che cosa lo ha impedito? Antonio Boccuzzi, unico superstite, divenuto poi senatore, afferma che soltanto l’applicazione di multe molto più elevate potrebbe costringere i “padroni” a realizzare tutte le misure di sicurezza nelle loro fabbriche.