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Re-immaginare la Riforma

“Una immaginazione che Riforma”. É questo il titolo dell’incontro che si è tenuto dal 14 al 16 dicembre scorsi a Birmingham (Gran Bretagna). Venti partecipanti di diverse chiese protestanti e di diversa nazionalità, si sono ritrovati alla Queens Foundation for Ecumenical Theological Education su invito del Dipartimento dei ministeri globali e interculturali (GIM) della britannica Chiesa riformata unita (URC).

«Come ogni anno – ha spiegato il pastore Michael Jagessar, responsabile del GIM – il nostro Dipartimento ha organizzato un incontro per raccogliere voci molto diverse tra loro per riflettere in modo non convenzionale su un tema specifico, quest’anno l’eredità della Riforma protestante».

Quali sono le tesi che oggi un novello Lutero dovrebbe affiggere alle porte delle chiese e dei luoghi significativi della nostra società? I quattro “Sola” della Riforma – Sola Gratia, Sola Fide, Sola Sciptura, Solus Christus – sono ancora affermazioni liberanti? Della tradizione protestante cosa va de-costruito, ricostruito o rigettato?  Cosa rimane delle voci dissenzienti e delle minoranze della Riforma?

«Abbiamo chiesto ai nostri oratori e oratrici di affrontare queste domande nel modo più aperto, coraggioso e radicale possibile, per superare quell’ “analfabetismo dell’immaginazione” che contraddistingue la vita di molte chiese cristiane», ha aggiunto Jagessar.

I punti di vista offerti alla discussione sono stati molti: da quello della black-theology americana alle teologie Dalit della liberazione provenienti dall’India; dalle espressioni sia liberatrici sia oppressive presenti negli inni ancor oggi cantati nelle chiese, alle nuove espressioni artistiche nel culto; dai nuovi modi di intendere la missione cristiana alla controcultura economica e ambientale che emana dalla fede cristiana; dall’esperienza di fede delle persone transgender alla testimonianza di chi appartiene a gruppi religiosi minoritari.

«Pur nella diversità degli interventi – afferma il pastore Luca Baratto della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), tra i partecipanti all’incontro – sono emersi alcuni snodi principali. Per esempio, il binomio ‘ospitalità/appartenenza’ che ha sottolineato la necessità di una più ampia e radicale capacità inclusiva delle chiese, oggi (così è emerso da più interventi) più preoccupate di preservare le loro traballanti strutture piuttosto che del loro mandato ad essere voci profetiche nella società».

 «Il mio intervento – ha aggiunto Baratto – ha avuto un taglio storico: ho seguito il percorso europeo di Pier Martire Vermigli (1499-1562), riformatore italiano attivo a Strasburgo, Oxford e Zurigo. Questo mi ha permesso di affermare l’importanza di una teologia dallo sguardo europeo, sia che questo sguardo si levi dal lato dell’Unione o dal lato della Brexit».

«Un altro elemento originale del pensiero di Vermigli è la sua teorizzazione del diritto alla fuga in tempi di persecuzione, un tema che egli tematizza teologicamente ma che rimane significativo in un mondo che vede milioni di persone in fuga. Oggi infatti riflettiamo molto sul dovere dell’accoglienza, per affermarla o negarla, ma molto poco sul diritto a fuggire dal proprio paese».

I testi degli interventi dell’incontro verranno pubblicati sul sito del GIM.