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Cento anni fa moriva Henry James Piggott

Per commemorare il centenario dalla morte di Henry James Piggott, pastore della Chiesa metodista inglese e fondatore delle missioni wesleyane in Italia nel 1861, i metodisti romani, raggiunti da cattolici, anglicani e valdesi si sono riuniti il 30 novembre scorso nella cappella del Cimitero acattolico di Roma per ascoltare i messaggi portati dalla pastora Mirella Manocchio, presidente del comitato permanente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (Opcemi) e da Mario Cignoni, per conto della Società biblica in Italia.

A rappresentare il distretto metodista dell’East Anglia (di cui era originario Piggott, nato a Lowestoft nel 1831) il pastore Jacqui Horton, che ha fatto un affascinante resoconto della sua vita e del suo servizio prima del suo arrivo in Italia.

Il suo slancio missionario era stato stimolato innanzitutto dalla lettura del best seller Italy in transition, del reverendo William Arthur, che presentava la situazione politica, sociale e religiosa dell’Italia dell’epoca, evidenziando la necessità di un lavoro missionario. Cinque edizioni erano andate esaurite nell’anno dell’uscita del volume, il 1860, e molto ministri di culto metodisti erano stati profondamente colpiti dal suo messaggio. Tra questi, vi era Henry James Piggott.

Quest’ultimo, pur non ritenendosi adatto a un lavoro missionario all’estero (a differenza del padre) e avendo rifiutato precedenti incarichi in Australia e in India, accettò la missione in Italia, e qui avrebbe trascorso gran parte della propria vita, seguito dalla sua famiglia.

Il direttore dell’Ufficio ecumenico metodista di Roma (Meor) e pastore della chiesa di Ponte Sant’Angelo (aperta nel 1877, la vicina più prossima del Vaticano), Tim Macquiban, ha fatto un breve racconto del ministero di Piggott in Italia: questi infatti non fu attivo solo a Roma ma prima di tutto a Torino, Ivrea, Milano e Parma, esercitando nei primi anni un importante ministero itinerante. La sua idea missionaria andava oltre i confini delle singole denominazioni protestanti: come scrisse in un passaggio citato da Macquiban, «più leggo e ascolto riguardo all’attuale stato delle cose, più mi convinco che se potessimo semplicemente lavorare per aiutare gli italiani a creare una Chiesa riformata nazionale, senza tentare di fare proseliti al metodismo, faremmo molto di più per il bene reale del paese di quanto potremmo fare seguendo qualsiasi altro progetto». In quest’ottica Piggott cooperò con tutti gli altri missionari protestanti stranieri, così come con i valdesi, cercando dove possibile di evitare la competizione.

Piggott, ha ricordato Macquiban, formò generazioni di pastori al lavoro di evangelizzazione in Italia, «sostenne e incoraggiò ex sacerdoti e seminaristi cattolici che avevano abbracciato la fede evangelica e offerto il loro servizio alla missione», ma fu anche attendo all’istruzione dei bambini e dei giovani specialmente nei ceti inferiori e rurali. Fu anche presidente, dal 1907 alla morte nel 1917, della «Commissione Diodati», che curò la revisione della celebre traduzione della Bibbia, voluta dalla Società biblica britannica e forestiera.

I partecipanti alla commemorazione, circa venticinque persone, compresi gli ambasciatori inglese e canadese presso la Santa Sede, e il direttore del Cimitero, si sono ritrovati in una bella giornata di sole di fronte alla tomba di Piggott, dove hanno condiviso un momento di preghiera, lettura biblica e canto. L’incontro si è concluso con un momento conviviale ancora all’insegna dell’ecumenismo.