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Una mostra e due note

La biblioteca del Centro culturale valdese di Torre Pellice ha inaugurato l’ultima mostra sulla Riforma nel quadro delle celebrazioni della Riforma; incentrata non sugli avvenimenti e i personaggi del Cinquecento ma sulle modalità con cui nel nostro ambiente questi avvenimenti sono stati recepiti nel corso degli anni. L’idea di celebrare il passato con centenari e cinquantenari è abbastanza recente, si inizia alla fine dell’Ottocento per andare via via crescendo sino a oggi.

Come le precedenti, la mostra si compone di una serie di pannelli e di vetrine; sui primi sono descritti gli avvenimenti con documentazione fotografica, nelle seconde sono presentati documenti, libri e materiale attinente a queste diverse ricorrenze: ogni centenario infatti dà luogo a libri, medaglie, oggetti come il piccolo Lutero (modello Playmobil che ha riscosso tanto successo quest’anno). Il pregio di questa mostra, come delle precedenti, è il fatto che si visita in tempi ragionevoli: certo l’esame accurato di ogni pezzo e la riflessione su ogni pannello potrebbero impegnare anche delle giornate ma l’essenziale è recepibile senza fatica e in breve. Meritevole dunque di una visita per chi transita in valle.

Personalmente la visita mi ha suggerito due osservazioni. Ricordando il 1517 è logico che si ricordi in primis Lutero: curioso notare che anche da noi la celebrazione sia essenzialmente incentrata su di lui. Dopo il classico lavoro di G. Miegge nel dopoguerra [Lutero. Vol. I. L’uomo e il pensiero fino alla Dieta di Worms (1483-1521), Claudiana], la sua figura e la sua teologia hanno polarizzato l’interesse dei nostri studiosi molto più che le altre del periodo, fascino di un pensiero di radicalità, del paradosso? In realtà assai più di lui noi siamo figli del biblicismo di Farel e dell’umanesimo di Calvino, molto più vicini alla nostra situazione odierna. Si poteva pubblicare in questa occasione il suo piccolo trattato della vita cristiana tradotto e pubblicato dalla chiesa italiana di Ginevra nel Cinquecento. Interessante domandarsi il perché di questo silenzio.

La seconda osservazione riguarda noi valdesi; la mostra illustra molto bene le celebrazioni dell’incontro con la Riforma in casa nostra, il monumento a Chanforan nel ‘32. L’ottica con cui abbiamo guardato sin qui a quell’evento deve essere corretta, o per lo meno completata. Partendo da noi ci chiediamo sempre che cosa poteva significare per la nostra fede, ma se Farel e i suoi vengono a Chanforan è essenzialmente perché interessa a loro quel che noi si rappresentava. Non siamo noi che abbiamo accolto la Riforma, sono i riformati confederati (Berna, Strasburgo) che hanno integrato noi nel loro progetto. È ben diverso ed è molto più interessante.

La biblioteca del Centro culturale valdese di Torre Pellice ha inaugurato l’ultima mostra sulla Riforma nel quadro delle celebrazioni della Riforma; incentrata non sugli avvenimenti e i personaggi del Cinquecento ma sulle modalità con cui nel nostro ambiente questi avvenimenti sono stati recepiti nel corso degli anni. L’idea di celebrare il passato con centenari e cinquantenari è abbastanza recente, si inizia alla fine dell’Ottocento per andare via via crescendo sino a oggi.

Come le precedenti, la mostra si compone di una serie di pannelli e di vetrine; sui primi sono descritti gli avvenimenti con documentazione fotografica, nelle seconde sono presentati documenti, libri e materiale attinente a queste diverse ricorrenze: ogni centenario infatti dà luogo a libri, medaglie, oggetti come il piccolo Lutero (modello Playmobil che ha riscosso tanto successo quest’anno). Il pregio di questa mostra, come delle precedenti, è il fatto che si visita in tempi ragionevoli: certo l’esame accurato di ogni pezzo e la riflessione su ogni pannello potrebbero impegnare anche delle giornate ma l’essenziale è recepibile senza fatica e in breve. Meritevole dunque di una visita per chi transita in valle.

Personalmente la visita mi ha suggerito due osservazioni. Ricordando il 1517 è logico che si ricordi in primis Lutero: curioso notare che anche da noi la celebrazione sia essenzialmente incentrata su di lui. Dopo il classico lavoro di G. Miegge nel dopoguerra [Lutero. Vol. I. L’uomo e il pensiero fino alla Dieta di Worms (1483-1521), Claudiana], la sua figura e la sua teologia hanno polarizzato l’interesse dei nostri studiosi molto più che le altre del periodo, fascino di un pensiero di radicalità, del paradosso? In realtà assai più di lui noi siamo figli del biblicismo di Farel e dell’umanesimo di Calvino, molto più vicini alla nostra situazione odierna. Si poteva pubblicare in questa occasione il suo piccolo trattato della vita cristiana tradotto e pubblicato dalla chiesa italiana di Ginevra nel Cinquecento. Interessante domandarsi il perché di questo silenzio.

La seconda osservazione riguarda noi valdesi; la mostra illustra molto bene le celebrazioni dell’incontro con la Riforma in casa nostra, il monumento a Chanforan nel ‘32. L’ottica con cui abbiamo guardato sin qui a quell’evento deve essere corretta, o per lo meno completata. Partendo da noi ci chiediamo sempre che cosa poteva significare per la nostra fede, ma se Farel e i suoi vengono a Chanforan è essenzialmente perché interessa a loro quel che noi si rappresentava. Non siamo noi che abbiamo accolto la Riforma, sono i riformati confederati (Berna, Strasburgo) che hanno integrato noi nel loro progetto. È ben diverso ed è molto più interessante.