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Svizzera: «Il futuro “Progetto fiscale 17” metterà a rischio la coesione sociale»

Le chiese svizzere denunciano «ecumenicamente» il progetto di tassazione fiscale previsto nel paese elvetico. L’allarme è emerso attraverso una lettera che la chiesa riformata – Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (Fces), la chiesa cattolica cristiana Svizzera (in piena comunione con la Comunione Anglicana) e la Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera, hanno indirizzato al Dipartimento federale svizzero delle finanze che, proprio in questi giorni, sta discutendo la procedura di consultazione relativa al «Progetto fiscale 17».

«Una riforma fiscale – sostengono le chiese svizzere – che, se attuata, creerà gravi ripercussioni sulla società e sul bene comune di cantoni, comuni, chiese, templi e parrocchie».

Una Riforma che prevede: Patent box (il regime di tassazione agevolata per redditi che derivano dall’utilizzo di opere dell’ingegno, brevetti industriali, marchi, etc..) per tutti i cantoni svizzeri; sgravi fiscali per le attività di ricerca e sviluppo e aumento al 70% dell’impostazione dei dividendi per le persone fisiche. Misure del «Progetto 17» che il Consiglio federale ha messo in consultazione fino al prossimo 6 dicembre 2017. Poi, il Dipartimento federale delle finanze consegnerà al Consiglio federale un messaggio che passerà al Parlamento nella primavera del 2018.

Il «progetto fiscale 17», dice il comunicato stampa ufficiale del Dipartimento federale, «potrebbe entrare in vigore al più presto: già nel 2020» e arriva a sei mesi dalla bocciatura referendaria della «Riforma III» dell’imposizione delle imprese.

L’esigenza di riformare una tassazione sulle imprese «nasce dal fatto che l’attuale situazione fiscale svizzera non soddisfa più i requisiti internazionali creando conseguenze negative sulla piazza economica».

Un provvedimento però, denunciano le chiese, che con la sensibile riduzione delle entrate da imposte andrebbe a impoverire il regolare supporto, garantito sino ad oggi, destinato chiese e associazioni previsto nell’attuale regime fiscale «e a discapito dell’azione umanitaria e sociale dedicata alla fascia di popolazione più debole e vulnerabile».

Seppur non vi sia una disapprovazione totale sulla riforma, considerata dagli enti religiosi «interessante fiscalmente per le imprese a livello locale», questa, se non sarà modificata almeno in parte nel suo impianto e in fase di discussione «porterà molte criticità». Un parere condiviso dall’esperto per i diritti umani dell’Onu, Juan Pablo Bohoslavsky, che in visita in Svizzera ha detto «questo Progetto potrebbe creare gravi conseguenze sociali e in materia di tutela dei diritti umani».

Le chiese svizzere hanno avanzato la loro proposta, quella di modificare il progetto in due punti ritenuti dirimenti: che la quota cantonale delle imposte federali dirette (che verrebbe ridotta al 20,5) rimanga stabile ai livelli attuali (21,2) «solo in questo modo i cantoni potranno avere la flessibilità necessaria per sostenere città, comuni e comunità ecclesiastiche, parrocchie».

In secondo luogo, che la legge «menzioni espressamente che sia previsto il sostegno finanziario a chiese e associazioni, enti, che si occupano del bene comune».

Nella lettera inviata al Dipartimento le chiese citano il preambolo della Costituzione federale della Confederazione svizzera che recita «il benessere dei più deboli dei suoi membri deve guidare l’azione dello Stato», evidenziando «l’importante ruolo cantonale e comunale profuso verso il sociale attraverso il finanziamento diretto alle chiese», tutti aspetti «di cui la riforma fiscale dovrebbe tenere conto».

La dichiarazione è stata firmata da Gottfried Locher, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (Fces); da Harald Rein, vescovo della Chiesa cattolica-cristiana della Svizzera; da monsignor Charles Morerod, presidente della Conferenza dei vescovi svizzeri, e infine da Luc Humbel, il presidente della Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera.