train-2264033_960_720

Il Tav Torino-Lione vedrà mai la fine?

All’inizio di agosto il CIPE ha approvato i primi due lotti dell’ipotetica nuova linea ferroviaria, già costata un miliardo di euro. Dopo 27 anni di progetti, discussioni, proteste, quello che al momento esiste è soltanto il tunnel geognostico di Chiomonte, completato nel febbraio 2017 e fermato a 7km anziché 7,5 come prevedeva il progetto. «Quel tunnel servirà per analizzare gli strati di roccia sotto il massiccio dell’Ambin. Il costo dell’opera, il cui cantiere è stato aperto nel 2011, è di 173 milioni di euro, di cui 20 sono stati spesi per misure di sicurezza volte a difendere l’area dalle azioni di protesta e ospitare le forze dell’ordine», ricorda l’ingegnere Alberto Poggio ai microfoni di Radio Beckwith nella trasmissione Tutto Qui.

Attualmente l’attività è sostanzialmente ferma e bisogna aspettare di capire se verrà approvata la Variante di Progetto che attualmente è in discussione. La variante prevede che nei prossimi anni il cantiere dovrà essere allargato e da qui partirebbe lo scavo del Tunnel di Base per un tratto di circa 12 km fino a Susa per la parte italiana del Tunnel, con un cantiere che si allargherà occupando circa 120.000 metri quadrati e con quasi 6 milioni di tonnellate di materiale che si prevede di estrarre. Tutto il materiale verrà trasportato su camion fino a Salbertrand e da qui entrerà in autostrada. Si tratterà di centinaia e centinaia di camion al giorno. Ma prima di fare questo sarà necessario allacciare il cantiere alla A32 per consentire la movimentazione delle migliaia di camion di materiale di scavo. I lavori per lo svincolo dovevano partire il 1° gennaio di quest’anno ma al momento non è stata nemmeno bandita la gara di appalto.

Il cantiere e tutta l’area, considerata di interesse strategico nazionale, è costantemente presidiata dall’esercito e da tutti i corpi delle forze dell’ordine, per un costo giornaliero di circa 100.000 euro.

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, ha partecipato il 27 settembre scorso a Lione al 34° vertice intergovernativo italo-francese e ha incontrato l’omologa francese Elisabeth Borne. «Sono molto soddisfatto dei risultati raggiunti», aveva dichiarato allora il Ministro Delrio. «Abbiamo una condivisione nel metodo della pianificazione nazionale sulle opere utili. È stata confermata con chiarezza l’importanza strategica della linea ferroviaria TorinoLione che risponde alla necessità della sostenibilità del trasporto. Verrà costituito un tavolo dei due Ministeri, con il commissario del corridoio Mediterraneo, Jan Brinkhorst, per seguire l’andamento delle coperture finanziarie e dei finanziamenti europei». Delrio, in quell’occasione, aveva anche ricordato che, per parte italiana, i lavori procedono e che «il percorso di finanziamento a copertura dell’opera è sostanzialmente completato con le risorse per primo e secondo lotto fino al 2022».

La posizione del Ministero italiano

Dal sito mit-gov.it, il sito ufficiale del Ministero dei Trasporti italiano, si legge che «l’interscambio economico tra l’Italia e l’ovest europeo è secondo solo a quello con l’area tedesca e vede scambi nell’ordine di 160 miliardi di euro l’anno, il 35% dell’interscambio globale dell’Italia. Il volume del traffico fisico delle merci che transita ai valichi tra la Francia e l’Italia ammonta al 2016 a 42,5 milioni di tonnellate all’anno, e transita quasi esclusivamente per la strada, a differenza di quanto avviene sulle altre direttrici alpine. L’attuale linea ferroviaria Torino-Susa-Bardonecchia-Modane intercetterebbe appena il 7,3 % del totale ed è oggi un’infrastruttura inadeguata che non consente un servizio ferroviario efficiente e competitivo. Per dare un termine di confronto, in Svizzera il traffico ferroviario è in aumento raggiungendo nel primo semestre 2016 una quota di mercato pari al 71%. I lavori della Torino Lione per parte italiana hanno in corso lavori ad oggi per 173 milioni di euro. Il cantiere di tutta l’opera binazionale è al 13% di scavi effettuati e 20% di lavori già aggiudicati».

La posizione dei No Tav

Le ragioni che si oppongono alla grande opera piemontese sono molte e sono portate avanti da ingegneri, professori universitari ed economisti. Paolo Beria, professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano e direttore del Laboratorio di politica dei trasporti dell’ateneo, ha recentemente pubblicato uno studio in cui sostiene che l’alta velocità non conviene nel rapporto costi/benefici.

Alberto Poggio, ingegnere al Politecnico di Torino, è membro della Commissione Tecnica a supporto dei Comuni dell’Unione Montana Valle Susa, Torino, Venaria Reale e del Movimento No Tav, in rappresentanza di circa un milione di cittadini. Su Radio Beckwith ha spiegato come «la linea, che dovrebbe essere lunga 270 chilometri da Torino a Lione, è costituita da tre tronconi: la sezione italiana, quella transfrontaliera e quella francese. La parte internazionale, dovrebbe iniziare a Susa e concludersi a Saint-Jean-de-Mauirenne in Francia, coincidendo quasi totalmente con il Tunnel di Base: 57,5 chilometri sotto le Alpi. Se, come sembra dagli ultimi orientamenti politici, le tratte nazionali non saranno realizzate, il tunnel sarà collegato alle ferrovie già esistenti. Pertanto sarebbe un’opera sostanzialmente inutile perché non si avrebbe incremento della capacità di trasporto lungo il percorso ferroviario Torino-Lione, che rimarrebbe pari a quelle delle linee attuali. In più, le previsioni di traffico di merci continuano a scendere da anni».

Anche dal punto di vista ambientale la costruzione della linea ha un impatto molto alto. Luca Giunti, naturalista, spiega che «bucando la montagna, si bucheranno anche le falde piene di acqua che serve per far vivere la vegetazione dei boschi delle montagne della val Susa. In questo modo verrà buttata via un enorme quantità di acqua. L’Unione Europea ha calcolato quanta acqua verrà sprecata nella realizzazione del Tunnel di base, ovvero quella che serve una città da 1 milione di abitanti per un anno. Il secondo danno ambientale è che nel periodo dei cantieri ci saranno tonnellate di emissioni di polveri sottili: le Pm10 e le Pm2,5. Gli ossidi di azoto sono mortali per le persone ma soprattutto per le piante. L’ossido di azoto interferisce gravemente con la fotosintesi clorofilliana e ha un limite per la vegetazione di 40 micro parti, prima di essere nocivo, per le persone è di 50 micro parti per metro cubo».