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Il nuovo interesse della Russia per le religioni

Continua lo speciale di Riforma dedicato ai 100 anni dalla Rivoluzione russa. Dopo il pezzo di Luigi Sandri sulle vicende dell’ortodossia russa e quello dedicato alle chiese battiste di Russia, oggi è il turno di un articolo dedicato a come i giornali dell’epoca nel mondo valdese trattarono le notizie provenienti da San Pietroburgo. Qui di seguito invece potete leggere un’intervista a Laura Ronchi, docente di Storia moderna all’università La Sapienza di Roma, sui rapporti fra la Russia di oggi e il protestantesimo.

Si è tenuto il 23-24 ottobre, all’Università e all’Accademia delle scienze di San Pietroburgo, il convegno internazionale «Religione e società in Europa: dal Medioevo all’età moderna» per i 500 anni della Riforma protestante.

Più di 40 relatori, in maggioranza russi, ma anche tedeschi, francesi e due italiane, tra cui la prof. Laura Ronchi (Università La Sapienza di Roma), intervenuta su «Martin Bucero e Strasburgo». Con lei abbiamo commentato l’iniziativa e il panorama religioso russo, tutt’altro che uniforme, dove la presenza protestante è una minoranza che deve fare i conti con l’opposizione politica e della chiesa ortodossa: battisti (prima della Rivoluzione erano la comunità più numerosa dopo quella americana), calvinisti, ovviamente luterani, più forti anche grazie alla vicinanza dei paesi baltici, pentecostali, fuori legge ma in grande aumento e molto presenti soprattutto su Internet.

Qual è il rapporto della Russia con il protestantesimo?

«La Riforma è stata presente in Russia fin dal XVI secolo, con inglesi, olandesi e tedeschi, e già nell’800 c’erano molti battisti e calvinisti… Ma solo dal 1905 è stato legittimo per un russo convertirsi. Il problema è che l’elemento religioso in epoca sovietica è stato escluso… Dopo il 1989, nonostante lo spazio enorme ripreso dalla chiesa ortodossa (che ha occupato spazi che non aveva nemmeno prima del 1917) c’è stato un grosso movimento anche per i non ortodossi. I luterani di San Pietroburgo, che prima della Rivoluzione erano un milione, hanno riaperto la loro chiesa, che era stata trasformata in una piscina, dove c’era trampolino ora c’è il pulpito… La chiesa luterana è molto attiva con convegni, studi nelle Università, con cui sostiene (economicamente e nel comitato scientifico) la pubblicazione della rivista Religione, chiesa e società, sulla quale saranno pubblicati gli atti di questo convegno».

Quali temi ha trattato il convegno, organizzato dal Dipartimento di Storia dell’Università di Pietroburgo?

«I relatori tedeschi hanno affrontato soprattutto la Riforma nei paesi europei settentrionali, mentre i russi hanno parlato della Francia ai tempi delle guerre di religione. La Riforma nell’Europa del nord è già stata oggetto di un altro grande convegno internazionale tenutosi a Vilnius nel 2015, organizzato dall’Università di Vilnius e di Amburgo, da cui erano emerse molte cose interessanti e nuove. Mi sembra assai importante che nascano studi di questo genere, così come l’idea di istituire delle cattedre di Storia delle Religioni: prima i temi religiosi erano affrontati soprattutto da sociologi e antropologi».

La sua relazione al convegno riguardava Strasburgo e Martin Bucero, Riformatore molto importante ma non tra i più noti: qual è stata la sua importanza?

«Strasburgo è una situazione molto particolare, è una città libera, non vincolata al giuramento all’imperatore. Qui la Riforma nasce dalla collaborazione fra riformatori di diverse tendenze, Bucero ne diventa rapidamente il capo con il tentativo di trasformare la città non solo dal punto di vista della pratica religiosa, ma della vita dei singoli credenti. La sua proposta delle “comunità confessanti” è una presa di coscienza che non troviamo negli altri riformatori: i credenti possono abbracciare una diversa dottrina, ma il vero punto è cambiare la propria vita. Le comunità confessanti sono pensate come un lievito all’interno della comunità (non come comunità a parte), da parte di coloro che sono più avanti nella vita di rigenerazione cristiana.

Questo messaggio in realtà non arriva, Bucero se ne rende conto: le autorità di Strasburgo si limitano all’ordine pubblico, diversamente da quanto capita in altre realtà riformate, e sentono il pericolo. Nel ’48 Carlo V impone la reintroduzione della messa cattolica e le autorità civili non erano in grado di opporsi, il rischio è di perdere la libertà della città.

Come sarebbe andata a finire se Strasburgo fosse rimasta libera, che ne sarebbe stato delle comunità confessanti fondate un po’ clandestinamente da Bucero (ma le autorità le avevano tacitamente accettate) se egli non avesse abbandonato la città? Il suo è stato un tentativo non riuscito, ma che non è giusto dimenticare. Alcuni dicono che l’uomo nuovo che Bucero voleva costruire è quello costruito da Calvino, non so se sia vero ma certo Ginevra doveva molto a Bucero, a Capitone e così via».

A proposito di Calvino, in aprile e ottobre si sono tenute a Mosca due conferenze sul calvinismo… pur non avendo partecipato, che cosa può dirci?

«Si tratta di due progetti, promossi dalla Facoltà di Storia dell’Università di Mosca, davvero innovativi: il primo ha un titolo significativo, Il tempo di tacere è finito. Cinque secoli di Riforma nel mondo che cambia e si pone l’obiettivo di comprendere meglio il rapporto fra la Russia e la sua cultura ortodossa con il protestantesimo nei secoli XVI-XIX; si parla quindi riforma radicale, anticlericalismo, secolarizzazione, elemento nazionale, cattolicesimo…

Il secondo, anch’esso molto interessante conoscendo la storiografia russa e sovietica, s’intitola La Riforma nella storia dell’Europa e dell’occidente: che cosa è necessario cambiare nei nostri corsi universitari?. Anche qui ci sono una serie di punti spinosi come La crisi della riforma è stata inevitabile? Il dinamismo del protestantesimo contro il cattolicesimo inerte, Come introdurre nei nostri corsi il tema della Riforma cattolica come alternativa alla Riforma protestante? Tutte domande che fino ad anni non lontanissimi sarebbero state estremamente sovversive!».

Qual è l’importanza di queste iniziative, c’è una dimensione religiosa oltre a quella culturale?

«L’aspetto da sottolineare è che questi convegni siano avvenuti e che finalmente ci si ponga il problema di una storia in cui l’elemento religioso, soprattutto in età moderna, ha una grossa rilevanza. Rilevante è anche che siano coinvolti gli istituti di storia delle Università, che ci sia un interesse scientifico dunque, non confessionale, che si apre ai temi dei rapporti fra religione ed economia, religione e modernità… Al convegno di San Pietroburgo c’erano soltanto due esponenti ecclesiastici, luterani finlandesi, tra cui il vescovo Yuha Pikhala dell’Università di Helsinki, autore del libro Verità e tolleranza i limiti della pluralità nella fede cristiana che ha illustrato il lavoro ecumenico che la chiesa luterana sta facendo con la chiesa ortodossa in Finlandia, anche se non ha detto quali risultati siano stati ottenuti da questo percorso… egli ha sottolineato l’importanza di un “lavoro ecumenico responsabile”, non nascondendo l’esistenza di reali problemi, dicendo che se non li si riconosce è impossibile raggiungere una vera unità ecumenica. Nel suo saggio non parla però della chiesa cattolica, può parlare della chiesa ortodossa che ha una struttura diversa, non ha un centro di autorità a cui si devono tutti attenere…».

Immagine: via Pixabay