schiavazzi

Il giornalismo, cane da guardia della democrazia

Ci sono persone che non si possono dimenticare, perché la loro vita ricca di impegno e piena di generosità ha coinvolto molti e ha creato premesse per il futuro. È questo il caso di Vera Schiavazzi, amica e sorella in fede – aveva aderito alla chiesa valdese in età adulta ed era dichiaratamente evangelica – morta all’improvviso poco più che cinquantenne due anni fa, sul lavoro, seguendo un’inchiesta fuori Torino. Vera è stata una firma del grande giornalismo – la Gazzetta del Popolo, La Repubblica, Il Corriere della Sera –, ben nota anche su queste pagine, autrice di tante battaglie, ma anche di articoli di attualità, scavando negli usi, nei costumi, nei linguaggi contemporanei.

Si è dedicata ai diritti civili e dei lavoratori, per la difesa delle minoranze, con attenzione alla famiglia, alle donne, ai più fragili, come i bambini. I suoi punti di forza erano, oltre alla capacità di scrivere in modo vivace, chiaro e gradevole, l’indipendenza di giudizio, l’accuratezza d’indagine e la verifica delle fonti. Questi sono i principi che Vera ha insegnato ai giovani del «Master in giornalismo» da lei fondato e diretto dal 2004, e che ha voluto giustamente intitolare a Giorgio Bocca, che considerava suo maestro. E il tema dei diritti ritorna anche nel suo impegno negli «organismi di categoria», come nell’Associazione Stampa subalpina – il sindacato dei giornalisti piemontesi – dove è stata a lungo eletta (e alla cui storia ha dedicato la sua tesi di laurea Dalla parte dei diritti, pubblicata post mortem dal «Centro Studi sul giornalismo Gino Pestelli) e nel Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti.

Ed è proprio Diritti domani il tema scelto per la prima edizione del premio a lei intitolato, che è stato consegnato il 27 ottobre al Circolo della Stampa di Torino, un evento organizzato dall’Associazione Allievi del Master e coordinato da Carla Piro Mander, con il patrocinio dell’Associazione Stampa subalpina, dell’Ordine dei giornalisti e della Regione Piemonte. Primo premio ai giovani Monica Merola, secondo a Stefano Bertolino e Cosimo Cariddi, e terzo a Anna Olivero. Una serata piena di affettuosi interventi, istituzionali ma intessuti anche di ricordi personali (Gianna Pentenero, Monica Cerutti per la Regione) sia dei colleghi (Maria Teresa Martinengo, Anna Masera, Stefano Tallia, Marco Bobbio, presidente dell’Associazione ex-studenti del Master) sia della figlia Olga per la famiglia: «Un progetto questo che tiene acceso il ricordo di una donna straordinaria», ha detto con emozione, o dell’amica di sempre, l’on. Anna Rossomando, avvocata, che ha introdotto il tema dei diritti, in particolare in rapporto all’informazione, approfondito poi da un’intervista di Federica Cravero al giurista Vladimiro Zagrebelsky, dal 2001 al 2010 membro della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Nella realtà di oggi, sempre più complessa, che cosa significa «affermare i propri diritti»? E qual è il ruolo del giornalista? Zagrebelsky ha insistito sul fatto che «prima dei diritti ci sono le libertà», e che «il diritto all’informazione è una libertà», che va esercitata responsabilmente. Perciò il pluralismo delle testate è un’indispensabile garanzia di libertà. «Quando il legislatore pone dei segreti, tocca ai giornalisti di violarli! Il potere non si deve sentire tranquillo blindando la notizia con il segreto: occorre competenza e coraggio»: il giornalismo, in particolare quello investigativo diventa un baluardo per la libertà, e la stampa il «cane da guardia» della democrazia.