bibbia

La Bibbia italiana della Riforma

In occasione della «Giornata della Riforma», promossa a Roma dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia il 28 ottobre 2017, presso la chiesa valdese di Piazza Cavour a Roma, la Società biblica britannica e forestiera (Sbbf) e la Società biblica in Italia (Sbi) presenteranno ufficialmente la pubblicazione del Nuovo Testamento, prima tappa del progetto di una nuova traduzione della Bibbia: la Bibbia italiana della Riforma, a cui hanno aderito quasi tutte le chiese evangeliche presenti in Italia (Chiesa evangelica luterana in Italia, Unione delle chiese metodiste e valdesi, Chiesa cristiana avventista del settimo giorno, Unione cristiana evangelica battista, Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Federazione delle chiese pentecostali, Esercito della salvezza, Assemblea dei fratelli di Firenze, Chiese della Valle delle Sele e dell’Itri).

Ne parliamo con il pastore Eric Noffke, professore di Nuovo Testamento presso la Facoltà valdese di Teologia (Roma) e presidente della Sbi.

«L’idea di una nuova traduzione della Bibbia nasce dalla considerazione che finora le Bibbie evangeliche in italiano sono state tutte revisioni di quel capolavoro che fu la traduzione di Giovanni Diodati del 1607. Ci è sembrato che dopo quattrocento anni da quel lavoro e dopo trent’anni dalla Traduzione interconfessionale in lingua corrente (Tilc), il Protestantesimo italiano fosse pronto per produrre una nuova versione dai testi originali, che fosse la traduzione della nostra generazione. Tratto distintivo di questo lavoro è stata l’attenzione al testo originale, nel senso che il comitato di traduzione ha cercato di mantenere una maggiore fedeltà al testo greco. Per questa ragione, per esempio, nel vangelo di Marco e di Matteo abbiamo lasciato spesso il “presente storico”; inoltre, quando possibile e senza alterare il senso dell’italiano, abbiamo cercato di tradurre sempre allo stesso modo ogni singola parola greca, per permettere ai lettori di risalire facilmente ai concetti chiave della lingua originale».

Dunque, alcuni brani neotestamentari risuoneranno nuovi all’ascolto?

«Sì, i lettori troveranno alcune differenze con le versioni che abbiamo sempre letto. Abbiamo evitato di usare il linguaggio ecclesiastico, e riportato al significato originale alcune delle parole a cui eravamo abituati, anche se questo potrà suonare un po’ più “duro” in italiano. Abbiamo cercato, quando è stato possibile farlo, di mantenere lo stile dell’autore biblico. Siamo desiderosi di conoscere l’effetto che avrà sul lettore questa maggiore fedeltà al testo greco».

Come si è svolto il lavoro?

«Si è trattato di un lavoro di gruppo, sviluppatosi su diversi livelli: un primo livello ha riguardato i traduttori, che sono stati rappresentativi delle diverse chiese che compongono il variegato evangelismo italiano. Ciascuno e ciascuna di noi ha tradotto una parte di Nuovo Testamento, per poi portare tutto in Comitato, dove sono state discusse le varie scelte su cui non c’era unanimità. Una volta che una traduzione era approvata dal Comitato, veniva inviata agli esperti indicati dalle chiese, che li hanno riletti, facendo le loro osservazioni. A questo punto spettava al singolo traduttore di scegliere se accogliere i suggerimenti. Nel corso di tutto il lavoro, i membri del Comitato hanno avuto accesso a tutta la traduzione tramite il programma Paratext, prodotto dall’Alleanza biblica universale, che permette di leggere le traduzioni di tutti e di inserire delle note con i propri suggerimenti. Infine, attraverso la pagina Facebook (Bibbia italiana della Riforma), vorremmo cercare di intercettare il maggior numero di reazioni da parte dei lettori e delle lettrici in modo che questa traduzione sia davvero di tutti e di tutte noi che la leggiamo».

Quali aspettative avete?

«Ci auguriamo che questa prima edizione sia letta da tante persone, sia criticata e commentata in modo costruttivo in modo che l’edizione del prossimo anno venga rivista alla luce delle osservazioni dei lettori. Vorremmo che questo strumento entrasse ampiamente nelle nostre comunità, fosse condiviso in modo da poter essere quanto più possibile espressione delle nostre chiese. Certo, questo significa anche che si deve conservare un certo grado di tolleranza nei confronti del prodotto finale: nel mondo evangelico italiano infatti abbiamo davvero idee e approcci diversi, che si riflettono anche nella sensibilità con cui leggiamo la Bibbia. Nonostante ciò, siamo convinti che valga la pena avere una traduzione che ci accomuni e che rappresenti un germe di unità».

Immagine: via Pexels