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Il catechismo e la formazione dei bambini e delle bambine

L’insegnamento religioso, che incomincia per ogni bambino o bambina nei loro primi anni, porta con sé degli aspetti «affettivi». Che cosa comporta la trasmissione di una religione (nelle chiese protestanti italiane è abitudine parlare piuttosto di educazione alla fede) rispetto allo sviluppo di un bambino o bambina? Se lo chiede l’agenzia Protestinfo delle chiese protestanti della Svizzera romanda, che nell’edizione di ieri propone un’intervista di Laurence Villoz alla psichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza Meret Vallon.

«Una religione – dice – è un insieme di credenze e di regole che struttura la vita quotidiana delle persone. Essa ha importanza nello sviluppo del bambino in quanto facilita l’integrazione in un gruppo che condivide quei medesimi valori. Per esempio, in ambito cristiano, i racconti biblici si inquadrano in una comune cultura. Le varie feste religiose forniscono anch’esse una cornice temporale al bambino. I valori condivisi, la questione della trasmissione fondata su degli antenati comuni e l’iscrizione delle pratiche rituali in una scansione temporale rappresentano allo stesso modo delle strutture necessarie allo sviluppo».

A questo punto la giornalista chiede all’interlocutrice se vi sia una specificità dei valori religiosi: hanno, questi ultimi, dei punti di forza più importanti di altri? «Non è per forza essenziale che i valori siano religiosi. Tuttavia la religione porta con sé un aspetto affettivo importante e vari studi hanno dimostrato che l’emozione è un fattore per una migliore trasmissione. Per esempio, l’Antico Testamento racconta storie di vita piene di gioia, tristezza, frustrazione e perfino di collera. Possono essere dei punti di riferimento per il bambino, che può metterle a confronto con ciò che vive in prima persona. Inoltre, può condividere delle emozioni con i suoi compagni in occasione delle feste religiose».

Naturalmente, prosegue la psichiatra, ciò che viene trasmesso deve stare in un quadro il cui garante sia la persona adulta, a cui il bambino o bambina potrà porre dei problemi e dei dubbi. Poi la fede «emergerà in maniera individuale quando si cresce». E il bambino o bambina che non riceva nella propria educazione dei valori religiosi: che cosa succede in questi casi, si chiede Protestinfo? «Sicuramente quel bambino passa a fianco a un bagaglio importante che dovrebbe far parte della sua educazione – dice ancora Vallon –. Questo bagaglio, al di là di quale sia la religione del caso, è indispensabile. Se il bambino non lo riceve in maniera sufficiente, può patire delle insicurezze di fronte a determinate questioni esistenziali».

Pesa certamente, sulle chiese, il fatto che sempre meno genitori iscrivano i propri figli e figlie al catechismo. La risposta è che «il catechismo può essere vissuto come una costrizione, il che non dovrebbe essere. La società – prosegue la psichiatra – considera la religione come “impegnativa”, mentre essa dovrebbe essere una fonte di gioia. Nell’educazione è comunque importante permettere al bambino di sviluppare un proprio senso critico e la capacità di scegliere mentre a volte la religione viene usata per inculcare regole costrittive o limitative della capacità di agire e di riflettere».

Immagine: By Lawrence Alma-Tadema – Lawrence Alma-Tadema, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1762140