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Le chiese e i nuovi scenari politici del Sud America

Traduzione dal quotidiano La-Croix

Rappresentanti della Chiesa Evangelica di El Salvador, guidati dal presidente dell’assemblea legislativa (Il Parlamento) Guillermo Gallegos, hanno promosso nei giorni scorsi un’iniziativa volta a giungere al riconoscimento della loro chiesa nella Costituzione della nazione centro americana. Sostenuto dal partito conservatore Gana, una formazione cui appartiene lo stesso Gallegos il progetto mira a conferire alle chiese evangeliche le medesime condizioni riservate alla Chiesa cattolica. El Salvador non è il primo paese dell’America centro meridionale in cui l’aumento del numero di evangelici (sono oggi circa il 15-20% della popolazione dell’America del Sud con punte del 25-30% in Brasile e Guatemala) porta necessariamente a ripensamenti su antiche norme e leggi. Si tratta nell quasi totalità non difedeli delle chiese storiche protestanti, ma delle varie correnti evangelical sviluppatasi a partire dal secolo scorso, pentecostali in primis.

«Sul piano formale la maggior parte di questi Stati sono laici, ma nella pratica così non è perché la Chiesa cattolica ha sempre avuto un ruolo preminente ed ha potuto negoziare nel tempo piccoli e grandi privilegi – commenta Jean-Pierre Bastian, professore di sociologia delle religioni all’università di Strasburgo- . Oggi gli evangelici giocano lo stesso gioco».

Nel 2000 gli evangelici pentecostali riuscirono a far modificare la Costituzione in Cile al fine di armonizzare le prerogative con la maggioranza cattolica: stesso rango protocollare dell’arcivescovo di Santiago, creazione di ore di religione dedicate nelle scuole, cappellani nelle carceri. Il caso cileno ora ispira i fedeli di altri paesi sud americani.

In Brasile, gigante demografico del continente dove gli evangelici sono un quarto della popolazione, le chiese pentecostali hanno negoziato un “Piccolo Concordato” rifacendosi a quello che già lega la Chiesa cattolica e lo Stato centrale.

Per ottimizzare sforzi e azioni gli evangelical cercano di serrare le fila, senza necessariamente fondare un partito ad hoc di ispirazione evangelica. In Brasile sono un’ottantina i deputati che si sono riuniti nella informale “bancada evangelica”, sorta di gruppo di pressione all’interno del Parlamento. La svolta a destra su molti temi etici è già ampiamente visibile: dall’omosessualità alla procreazione assistita sono tempi duri per i paladini dell’uguaglianza e dell’estensione dei diritti.

Lo stesso sindaco di Rio de Janeiro Marcelo Crivella, eletto lo scorso anno con un programma ultra conservatore, è il genero del fondatore della Chiesa universale del regno di Dio, una delle più grandi e potenti sigle evangeliche del Brasile. Marina Silva, ambientalista e pentecostale, nel 2014 ha sfiorato il ballottaggio alle elezioni presidenziali, giungendo terza e raccogliendo ben 22 milioni di preferenze. Un peso non di poco conto.

Anche in Colombia, dove la Chiesa cattolica conserva una delle basi più solide dell’intero subcontinente, una confederazione di chiese evangeliche sta tentando di unire le forze per nominareun proprio candidato alle prossime elezioni presidenziali previste per il 2018.

Per Jean-Pierre Bastian, l’iniziativa salvadoregna ha poche possibilità di successo al momento. Ma il sociologo comunque osserva che su scala continentale è in corso una vera e propria «confessionalizzazione dello scenario politico. Contrariamente a quanto stiamo osservando in Europa, con la secolarizzazione in corso e la “privatizzazione” del fatto religioso, l’America Latina sta vivendo una fase di transizione in cui la Chiesa cattolica deve condividere le sue prerogative con altri attori religiosi. Anche se non ha perso nulla della sua influenza, si tratta comunque di una novità assoluta in corso».

Immagine: Por José Cruz/ABr – http://www.agenciabrasil.gov.br/media/imagens/2007/04/26/1926JC055.jpg/view, CC BY 3.0 br, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5980876