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Senza progettualità… solo rabbia, rancore e razzismo

La conoscenza relativa alle comunità ebraiche in Italia è piuttosto scarsa. Poche persone riescono ad indicare correttamente quanti ebrei siano presenti nel nostro paese e la maggioranza non sa neanche esprimersi in merito, molti invece (il 36% delle persone intervistate) ne sovrastima la presenza.

Queste sono alcune considerazioni emerse ieri in occasione della presentazione dell’indagine «Stereotipi e pregiudizi degli italiani» curata dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano (Cdec) in collaborazione con la società di analisi e ricerche di mercato Ipsos (come ricordato ieri su Riforma.it) e presentata al Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma.

«L’obiettivo di questa rilevazione è che possa diventare un punto di partenza per monitorare, nel prossimo futuro e come una sorta di “barometro”, un fenomeno purtroppo crescente, quello dell’intolleranza», ha detto il presidente del Cdec Gadi Luzzatto Voghera che insieme alla sociologa Betti Guetta hanno divulgato i dati della ricerca.

Un’indagine di grande attualità incentrata sul tema del pregiudizio, anti-ebraico e non solo.

«L’attuale incapacità di progettare e risolvere questioni dirimenti per la società spesso produce rabbia, rancore, razzismo, complottismo, sino ad arrivare a manifestazioni che si esprimono come veri e propri rigurgiti fascisti – ha rilevato il direttore di Ipsos, Nando Pagnoncelli –. In questo quadro di “smottamento sociale” restano dunque stabili pensieri stereotipati e pregiudizi».

Non mutano nel tempo alcuni retaggi culturali o stereotipi indirizzati verso gli ebrei, luoghi comuni che scorrono inesorabili nel tempo. Dalla ricerca si evince, d’altro canto, che l’intolleranza verso gli immigrati e la xenofobia stanno aumentando pericolosamente, e che velocemente si espandono in Europa pensieri e pericolose teorie “di destra” : «Gli ebrei – ricorda l’analisi statistica – sono spesso percepiti come una comunità coesa e solidale al proprio interno, capace di fare affari», in linea con l’ancestrale luogo comune e convenzione «che siano capaci di manovrare la finanza mondiale a proprio vantaggio».

Dall’indagine sono emerse due categorie di pensiero: quella di chi non ha pregiudizi (15% della popolazione italiana oggi, era al 13% nel 2007), spesso giovani, con un livello di scolarizzazione elevato, e soprattutto residenti nel Nord Est, «di sinistra e non credenti», ricordano Cdec/Ipsos «soddisfatti delle proprie relazioni e con atteggiamenti di apertura verso gli immigrati».

L’altra categoria che vede invece la presenza di persone «antisemite» in lieve diminuzione l’11% oggi, erano al 12% dieci anni fa: «in maggioranza uomini di bassa istruzione e in prevalenza residenti al Sud» che si definiscono «di destra, e presentano un’elevata ostilità verso gli immigrati». Ovviamente non è tutto bianco o nero, esiste infatti la dimensione intermedia, ossia di persone intervistate. Sono complessivamente il 33% degli italiani (32% nel 2007) e che si suddividono a loro volta in tre gruppi di circa 10% cadauno, come ricorda la ricerca: «i contemporanei, i quali ritengono che gli ebrei strumentalizzino la loro storia per giustificare la politica di Israele, trasformandosi così da vittime in aggressori»; solitamente persone di sinistra, di buona scolarizzazione e residenti in gran parte al Nord.

Poi, coloro che ritengono gli ebrei «persone subdole, non affidabili e non integrate con gli italiani», gruppo di età elevata che si definisce «di centrosinistra e con una presenza consistente tra i cattolici praticanti».

Infine, «gli ambivalenti moderni» che ritengono «gli ebrei un gruppo con vasto potere politico ed economico, fedeli a Israele e non all’Italia», di età medio/alta, dice la ricerca, e che tendono a collocarsi al centro, come schieramento politico, in genere cattolici saltuari e in prevalenza residenti nel Centro-Nord «nelle le cosiddette “Regioni rosse”».

La ricerca evidenzia poi che, il 46% degli italiani «possiede» dentro di sé «una vena antisemita prodotta da un mix di atteggiamenti antiebraici e anti israeliani».

Per quanto concerne la specifica realtà israeliana la maggioranza delle persone intervistate non si esprime.

Il 30%, invece, ha esplicitato la richiesta di «un atteggiamento più duro della Comunità Internazionale nei confronti di Israele a causa dei suoi comportamenti verso i palestinesi» perché il conflitto israelo-palestinese è anche «percepito come una delle concause del terrorismo internazionale», infine sostenendo che, per appianare il conflitto, siano assolutamente necessari due Stati per i due Popoli, dice l’indagine Cdec/Ipsos.

Per quanto riguarda la Shoah, la maggioranza degli intervistati (52.9%) pensa «che sia stata una grande tragedia insieme ad altre e di cui si parla meno», mentre un terzo pensa che la Shoah «sia stata la più grande tragedia dell’umanità» (34,6). Il resto del campione si divide tra chi dichiara di non sapere cosa sia (9%) e chi la nega (3,5%).

Grande spazio è stato dato all’immigrazione. Due gruppi, numericamente equivalenti, si contrappongono: quello di chi sostiene che i migranti dovrebbero essere accolti tutti «in quanto persone in fuga dalla fame o dalla guerra» (25.4%) e chi, invece, sostiene che bisognerebbe «respingerli tutti perché l’Italia non può accogliere più nessuno» (24%). In mezzo vi è la maggioranza, il 44.4% che ritiene «necessario accogliere solo i rifugiati politici».

Un quarto, circa, degli intervistati vede la presenza di «immigrati» in Italia come un «bene per l’economia e un contribuito alla “sprovincializzazione” del nostro Paese».

Il multiculturalismo, invece, non convince. Molti intervistati esprimono un «bisogno di rassicurazione». Per il 54% degli intervistati «le culture di minoranza devono adattarsi alla cultura della maggioranza» e la migrazione che giunge dai paesi islamici è considerata come «una minaccia per l’Occidente» per il 60.8% degli intervistati. L’Islam è percepito come una religione «troppo tradizionalista e incapace di adattarsi al presente», per il 65,5%. Il 44,7% ritiene invece che i musulmani abbiano tutto «il diritto di costruire le loro moschee in Italia».

Un paese, il nostro, che è profondamente ripiegato su se stesso – conclude l’indagine –: le aggressioni esterne, la crisi economica non risolta, il malaffare e la corruzione, sono i fattori principali «che provocano questo sentimento diffuso» di paure e diffidenze: «la richiesta di fondo rimane quella di “essere difesi”, non solo da un punto di vista economico-sociale, seppur centrale, ma anche da una crisi identitaria e di ruolo che diventa sempre più evidente».