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Chi fa che cosa?

Di ruoli dei pastori, dei diaconi e dei membri dei consigli di chiesa (o concistori) hanno parlato, nel corso del loro ultimo Sinodo (Torre Pellice, 20-25 agosto), le chiese metodiste e valdesi. Da un lato è emersa l’esigenza di fare chiarezza su una serie di compiti, sia per tutelare le persone coinvolte, nelle loro responsabilità, sia per fare fronte a situazioni di conflitto, tema di cui si è discusso lungamente (ne avevamo parlato qui). Nell’ottica di dotarsi di nuovi strumenti, due sono stati discussi: innanzitutto un Vademecum dei membri dei concistori e dei consigli di chiesa. Mansioni e responsabilità, già approntato da un’apposita commissione, che il Sinodo ha accolto «con soddisfazione […] considerandolo un utile strumento di lavoro». In seconda battuta, il Sinodo ha dato mandato alla Tavola di studiare un «codice di disciplina per gli iscritti a ruolo» (pastori/e e diaconi/e), su cui peraltro la riflessione è già in atto, da sottoporre alla discussione del prossimo Sinodo.

Il tema delle mansioni e degli ambiti di competenza è però decisamente trasversale e controverso, e tocca il ruolo pastorale e diaconale fin dal momento della formazione.

Le chiese riformate della Svizzera romanda (Cer) si sono confrontate su questo, perché oltre a interrogarsi sul ruolo dei pastori e dei diaconi nelle chiese occorre definire gli ambiti di competenza delle agenzie formative.

Riunite in assemblea generale a Losanna lunedì 11 settembre, come riferisce Joël Burri su Protestinfo nell’articolo pubblicato martedì, hanno discusso a tre anni dall’ applicazione di un «dispositivo di formazione» per giovani pastori e diaconi comune all’interno della Cer, che prevede diciotto mesi e ha uno sviluppo ogni due anni. La prima «infornata» ha quindi sperimentato il ciclo che ha dovuto fare fronte ad alcuni errori di impostazione, che sono stati corretti nella seconda, partita in primavera.

Xavier Paillard, presidente del Consiglio esecutivo della Cer, ha osservato che «il dispositivo funziona bene, tranne che per quanto riguarda la questione degli ambiti di competenza di ciascuno», tra cui anche l’Ufficio protestante per la formazione (Opf) e la Commissione romanda degli stage (Corosta). Ridefinendo i ruoli di questi ultimi due organismi nella scelta e nell’accompagnamento dei tirocinanti, si è voluto insistere sul «principio protestante che consiste nel non lasciare a una sola persona le decisioni importanti che concernono l’avvenire di una persona, ma affidarle a una commissione».

Gli svizzeri hanno anche un problema in più, le differenze cantonali: il concetto di membro di chiesa ad esempio non è uguale per tutti (quindi richiedere a un candidato l’appartenenza a una chiesa riformata può non avere lo stesso significato), alcuni cantoni poi mantengono una commissione cantonale per il controllo e l’accompagnamento degli stagisti sul territorio, aprendo quindi il dibattito sul ruolo dei tutor. Sono poi presenti nel regolamento di applicazione alcuni dettagli controversi, come la chiusura della partecipazione agli stage per i candidati privi di una formazione religiosa critica approfondita. In questo senso, conclude l’articolo, «la Haute école de théologie pratique (HET-pro) ha promesso una formazione più orientata sulla spiritualità e la missione (evangelizzazione) rispetto alle formazioni teologiche classiche, spesso accusate di fare poco caso alle convinzioni religiose degli studenti».

Immagine: via Flickr