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A Raqqa l’infanzia non esiste più

Migliaia di civili sono intrappolati a Raqqa, città del nord della Siria, in cui secondo le Nazioni Unite sono bloccate circa 20 mila persone. La metà di questi sono minori: «siamo di fronte a una situazione drammatica, disperata e inaccettabile – spiega Filippo Ungaro, direttore della comunicazione di Save The Children – perché circa il 75% dei quartieri della città sono abbandonati ma molte persone restano comunque intrappolate. Secondo le nostre stime i minori sono tra i 9 mila e i 12 mila». Oltre alle mine, ai cecchini e alle violenze di Daesh, i siriani sono ostaggio dei bombardamenti da parte della coalizione a guida statunitense che sostiene le Forze democratiche siriane. Pochi giorni fa le Nazioni Unite hanno chiesto agli Stati Uniti di sospendere i raid per poter soccorrere i residenti delle zone ora raggiungibili, appello che però è stato rifiutato. La situazione dei minori è, se possibile, doppiamente drammatica, continua Ungaro: «Save The Children lavora nei campi per rifugiati a nord di Raqqa e incontra i minori; questi ragazzi descrivono un livello di violenza inaudito: hanno una vita disperata, decapitazioni ed esplosioni sono entrate a far parte della loro quotidianità, sostituendo ciò dovrebbe essere adatto all’infanzia, ovvero la scuola, i giochi, gli amici».

Violenza fisica, ma anche psicologica…

«L’infanzia a Raqqa, così come in tante altre parti della Siria, non esiste più. C’è carenza di acqua, cibo ed elettricità. Come gli adulti, anche i minori sono costretti ad assistere a scene di incredibile violenza: ci raccontano che hanno assistito a uccisioni e decapitazioni, che nei parchi dove giocavano non ci sono più le giostre ma i corpi martoriati o a pezzi delle persone uccise dall’Isis. Le famiglie si trovano a fare una scelta drammatica: rimanere intrappolati in città o fuggire, rischiando enormemente la vita per la minaccia di Daesh e delle mine. Se mai questi ragazzi sopravviveranno a questo assedio, si porteranno dentro delle ferite psicologiche difficili da fare andare via: comunque andrà a finire, sarà una generazione distrutta».

Per sensibilizzare l’opinione pubblica siete stati anche alla Mostra del Cinema di Venezia, vero?

«La nostra preoccupazione è fare uscire queste persone dalle aree assediate e chiediamo che questo venga fatto: le persone muoiono e occorre proteggerle anche in situazioni di conflitto. Per Save The Children è importante intervenire direttamente per fare il massimo nelle zone di crisi, ma anche cercare di sensibilizzare quante più persone possibili per poi influenzare le decisioni politiche sulla questione e arrivare a soluzioni alternative, come quella dei corridoi umanitari o altre. A Venezia, vetrina importantissima, siamo stati con un’importante iniziativa sui bambini della Siria cercando di coinvolgere molti personaggi dello spettacolo».

Sul tema dei viaggi sicuri, spesso raccontiamo dei corridoi umanitari della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e di Sant’Egidio: cosa ne pensa Save The Children?

«La crisi siriana deve finire il prima possibile, chi è in queste aree assediate deve poter uscire da in modo sicuro senza rischiare la morte, o di essere utilizzato come scudo umano o ulteriori violenze. L’esperienza dei corridoi umanitari credo sia molto significativa e importante, perché è riuscita a dimostrare che con un po’ di impegno sia possibile non far ricorrere le persone a vie illegali e pericolose: una strada da percorrere con tutte le forze. Credo che l’Europa, come Save The Children ripete da anni, debba fornire sempre delle vie sicure e legali a chi è in fuga dalla violenza per arrivare sano e salvo in Europa. Noi incoraggiamo e sosteniamo questa esperienza».

Un video dela Cnn che mostra la devastazione di Raqqa

Immagine: By Mahmoud Bali (VOA) – US-backed Forces Press Deeper Into Southern Raqqa City, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61719487