img-20170804-wa0008

Giovani protestanti di tutto il mondo unitevi… a Wittenberg

Head, Heart, Hand. Queste le parole chiave alla base dell’organizzazione dell’International Youth Camp svoltosi a Wittenberg, in Germania, dal 29 luglio al 5 agosto. Le attività sono dunque state pensate per «ragionare», «sentire» e «fare». Quali sono stati gli ingredienti per realizzare questo evento?

Prendete trecento ragazzi e ragazze dalle chiese riformate di tutto il mondo, chiedete loro di preparare in gruppo delle attività o dei momenti di riflessione e preghiera da offrire agli altri, allestite un campo con tendoni, servizi e spazi condivisi, munitevi di una squadra di volontari che si occupi di far funzionare la struttura, armatevi di pazienza e organizzate un day by day, la divisione degli spazi e occupatevi di programmare i viaggi di tutti i partecipanti.

Il risultato che otterrete sarà quella che per me è stata un’esperienza unica, di conoscenza e di scambio reciproco, di apertura di fronte al «diverso», di condivisione e riflessione spirituale. Dalle reazioni di entusiasmo a cui ho assistito alla fine del campo posso affermare che questo giudizio non è soltanto del sottoscritto, ma di tutta la comunità che si è creata in questa settimana. Una comunità molto eterogenea: vi erano valdesi dall’Italia e dal Rio de la Plata, luterani dalla Germania e, più in generale, cristiani riformati da Indonesia, Taiwan, Giappone, Corea, Palestina, Namibia, Ruanda, Ghana, Russia, Francia, Portogallo, Usa, Colombia… sotto la guida spirituale di un reverendo norvegese.

Ogni attività è stata condotta dal gruppo che l’aveva ideata, all’interno di un programma che prevedeva di sceglierne una per ogni fascia oraria, una al mattino e due al pomeriggio. Prerogativa comune alla maggior parte di esse è stata la presentazione da parte di ogni gruppo di un aspetto della propria cultura o della società della nazione di provenienza.Si è perciò parlato della minoranza cristiana e della situazione delle donne in Palestina, del genocidio in Ruanda nel 1994, della chiesa presbiteriana in Taiwan… Vi sono stati laboratori di costruzione di oggetti tipici indonesiani, di bambole russe; si è dibattuto sulla teoria gender (Gender as a Social Construction), su fede e politica (Jesus the communist), del potere delle relazioni interpersonali nello sviluppo della Contact theology e sono stati affrontati temi caldi che hanno generato dibattiti accesi, come la ricerca della pace da parte dei palestinesi che vedono questo loro sogno distrutto dagli attacchi israeliani.

Il campo ha dunque offerto la possibilità di entrare in contatto con vari aspetti di culture e confessioni religiose diverse. Ovviamente c’è stato anche il tempo per approfondire la conoscenza della figura di Lutero e della Riforma protestante. Attraverso la celebrazione di un culto nella chiesa dove l’autore delle 95 tesi predicò, si sposò e fece battezzare i figli, la lettura di suoi testi, visite guidate a esposizioni create ad hoc e a edifici storici, è stato possibile capire meglio la teologia di Lutero e andare oltre la concezione di Wittenberg come «città della Riforma».

In una settimana non è stato possibile fare la conoscenza di tutti i «campisti», però molte attività hanno stimolato un dialogo che spesso veniva ripreso nei momenti di svago o alla sera; inoltre il programma prevedeva momenti di condivisione tra gli appartenenti ai vari «villaggi», i raggruppamenti di tende in cui era suddiviso il campo, che ci hanno permesso di legare in modo particolare tra di noi. In questo modo si sono stretti contatti e create nuove amicizie da poter coltivare in futuro…

Volendo stilare un bilancio, questo non può che essere positivo. Anche se da italiano ho un po’ sofferto gli orari e la qualità dei pasti. L’organizzazione degli spazi è risultata in qualche occasione scomoda ma non si può negare la buona riuscita del campo che, nonostante abbia voluto mettere troppa carne al fuoco con un grosso carico di attività è risultato avvincente ogni giorno e, nel complesso, molto arricchente dal punto di vista nozionistico e delle relazioni interpersonali.

Nuovi ponti sono stati costruiti e già prima di rifare i bagagli qualcuno ipotizzava progetti per gli anni a venire; qualcuno ha ricevuto inviti, qualcuno ha espresso la volontà di fare visite e periodi di volontariato presso alcune strutture di queste chiese sparse per il mondo. Un po’ per abitudine, un po’ per sperare, non sono stati pronunciati addii, ma solo arrivederci. Le vie del Signore sono infinite, chissà dove ci porteranno…