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Le migrazioni valdesi nel sud Italia

Come ogni anno a Usseaux si rinnova l’impegno con la discussione storica e l’approfondimento su Cattolici e valdesi, dai conflitti alla convivenza. Siamo arrivati alla quattordicesima edizione del convegno che nel mese di agosto si organizza nella frazione Laux, in alta val Chisone.

Nell’organizzazione sono coinvolti il Comune di Usseaux, la Società di Studi Valdesi, il Centro Studi e Ricerche sul cattolicesimo della Diocesi di Pinerolo, l’associazione La Valaddo, e il Ce.RCA, il Centro Ricerche Cultura Alpina.

Il convegno ha l’obiettivo di far parlare gli storici per far luce su eventi del passato che hanno coinvolto cattolici e valdesi nelle terre del Pinerolese. Lo scorso anno il tema era stato I valdesi del pragelatese all’epoca della crociata, mentre quest’anno è dedicato a Le migrazioni dalle valli.

Tra i relatori figura anche Marco Fratini, storico della biblioteca valdese di Torre Pellice e collaboratore della Fondazione Centro Culturale valdese, che relazionerà su L’emigrazione valdese nell’Italia meridionale fra medioevo e prima età moderna.

Ci sono numerosi storici protestanti che raccontano la storia delle migrazioni e la vita dei valdesi nel Sud Italia. I più importanti sono Jéan Leger e Scipione Lentulo. Intervistato su Radio Beckwith Frattini spiega che i valdesi «si stabilirono e fondarono Argentina, Guardia Piemontese, Montalto, Rose, San Sisto dei Valdesi, San Vincenzo La Costa, Vaccarizzo, per quanto riguarda la Calabria e, per la zona compresa tra Campania e Puglia, Celle di San Vito, Faeto, Motta Montecorvino, Montaguto, Monteleone di Puglia e Volturara Appula. I valdesi mantengono mantengono il patuà occitano, la lingua che parlavano nelle valli, i propri usi e costumi, interagiscono pacificamente con le popolazioni locali, fanno i contadini e emigravano perché la densità di popolazione era bassa, c’erano molte terre disponibili che potevano essere coltivate e hanno ottimi rapporti con i feudatari locali».

«Uno dei documenti fondamentali che abbiamo – spiega Fratini – è stato ritrovato a Marsiglia quarant’anni fa e conferma come avveniva una parte degli spostamenti. Si tratta di due contratti di nolo stipulati nel 1477 per trasportare intere comunità di centinaia di individui espressamente definiti “valdesi” dal porto provenzale di Marsiglia fino a Napoli e, nel primo dei due casi, da Napoli fino a Paola, sulla costa tirrenica della Calabria. Questo rende bene l’idea di un itinerario che appare già ben consolidato nella seconda metà del XV secolo: le comunità migranti si recavano prima a Marsiglia e da lì si imbarcavano via mare verso Napoli; giunti nella città partenopea, potevano proseguire via terra per raggiungere la Puglia o via mare per approdare in Calabria. Questa migrazione presupponeva che nelle zone di immigrazione vi fossero già stanziati alcuni correligionari, i quali avrebbero dovuto spianare il terreno per consentire il successivo stabilimento dei familiari e degli altri membri della comunità».

L’intervento di Fratini, che inizierà introno alle 10 di mattina, procederà per domande e racconterà di molti altri documenti storici che raccontano e testimoniano la migrazione. Molti di questi documenti riguardano i verbali dell’Inquisizione che nel 1561 eliminerà quasi completamente le comunità valdesi nel Sud Italia, lo stesso anno in cui in Piemonte si firmava la pace di Cavour che, al contrario, poneva fine le persecuzioni nelle valli e lasciava i valdesi tollerati ma confinati nel ghetto alpino.

Immagine: la “Porta del Sangue” a Guardia Piemontese in provincia di Cosenza che ricorda la strage dei valdesi nel giugno del 1561 dove furono uccisi oltre mille abitanti