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Santa Sofia e il gioco di Erdogan

La Basilica di Santa Sofia è uno dei monumenti più noti di Istanbul. Patrimonio mondiale dell’Unesco, è stata chiesa ortodossa prima, poi cattolica, e dopo il 1453 islamica, prima di venir trasformata in museo dal fondatore della repubblica turca, Mustafa Kemal Ataturk, nel 1935.

Da anni l’utilizzo del grande complesso quale luogo di culto è severamente proibito, ma forse è meglio dire era. Fra i vari processi di islamizzazione messi in moto dall’attuale presidente Recep Erdogan venerdì scorso è andata in scena l’ennesima forzatura: per la prima volta un imam ha condotto la lettura del Corano all’interno della basilica, per di più in diretta televisiva nazionale, come a sigillare il gesto di fronte a tutti gli abitanti della grande nazione.

L’ennesima strizzata d’occhio alle frange più radicali, quelle su cui Erdogan sta costruendo il proprio sultanato, forte anche di vari referendum che lo porranno alla guida del paese in pratica a vita.

La laicità turca, esempio per l’intera area, è oramai un ricordo.

Ma Istanbul è sede del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, una delle cinque sedi principali stabilite dal concilio di Calcedonia del 451, e le reazioni da questo fronte non si sono fatte attendere.

Già nel giugno scorso, per la prima volta dopo 81 anni, il governo turco permise che venisse officiato un culto islamico in una saletta laterale della chiesa. I vertici della Chiesa greco-ortodossa parlarono di «incredibile provocazione». Il governo di Atene si spinse a parlare di «atto anacronistico e incomprensibile, che dimostra mancanza di rispetto verso i cristiani ortodossi di tutto il mondo».

Da parte sua, il governo turco non manca di rimarcare i divieti di Atene a proposito della costruzione di moschee sul suolo greco. E la stampa turca non ha esitato a dar spazio alle voci che avrebbero visto il patriarca Bartolomeo I fra i cospiratori coinvolti nel fallito golpe dello scorso luglio, punto di svolta verso la definitiva politica repressiva e accentratrice di Erdogan. Insomma guerra aperta oramai fra i due principali leader del paese, quello politico e quello religioso.

La Basilica di Santa Sofia venne terminata nel 562, su una decisione dell’imperatore Giustiniano I che voleva dotare il mondo cristiano di un monumenti senza pari per dimensioni e fasto.

Al momento della presa di Costantinopoli durante la quarta crociata Santa Sofia divenne cattolica, dal 1204 fino al 1261, anno della riconquista della città. Dal 1453, anno della conquista musulmana guidata dal sultano Maometto II, fino al 1935 svolgerà quindi la funzione di moschea.

Sarà il primo presidente della repubblica di Turchia, Ataturk, ha decidere di trasformarla in museo per tentare di trasformarla in una sorta di simbolo per tutti i turchi, di ogni religione in quanto ogni religione vi è stata ospitata.

Dal 2012 sulla spianata d’ingresso viene svolta una preghiera islamica ogni 29 maggio, a ricordare la data della conquista araba di Costantinopoli, ennesima provocazione di una nazione che pare guardarsi più alle spalle che in avanti. In attesa di veder il nome della città tornare Costantinopoli. Questione di tempo.

Immagine: Di Arild Vågen – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24932378