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Allarme suicidi tra i profughi birmani del campo thailandese di Mae La

Cresce in maniera allarmante il numero di suicidi e tentativi di suicidio verificatisi nel campo profughi di Mae La, il più grande campo thailandese per i profughi provenienti dalla Birmania, situato nella provincia settentrionale di Tak.

Lo scorso 19 giugno l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) ha lanciato un appello per un’urgente azione di contrasto verso gli alti livelli di sofferenza dei rifugiati ospitati nella struttura.

Secondo uno studio della Iom pubblicato il 20 giugno in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, negli ultimi due anni 28 profughi del campo di Mae La si sono tolti la vita e 66 hanno tentato il suicidio: più di tre volte il tasso di suicidi a livello globale. I dati indicano per il biennio un tasso di suicidi pari a 36, 6 ogni 100mila persone, una percentuale di tre volte superiore alla media mondiale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) di 10,7.

Il campo di Mae La, che fu istituito nel 1984, ospita circa 50mila cittadini della Birmania. È il maggiore dei nove campi disposti lungo il confine thailandese-birmano, che offrono assistenza a circa 100mila rifugiati. Le offensive militari nello Stato Karen, (Myanmar orientale), negli anni ’70 – ’90 hanno costretto i civili a fuggire dalle loro case. Molti hanno trovato rifugio nella vicina Thailandia e lì sono rimasti da decenni.

Residenti dell’area hanno raccontato ad AsiaNews che la situazione in questi centri di accoglienza «è davvero tragica». Il governo thailandese ha annunciato da tempo l’intenzione di chiudere i campi profughi, dove in molti tra gli ospiti passano tutta la vita, in una delle crisi umanitarie più protratte dell’Asia. In caso di chiusura, i rifugiati non saprebbero dove andare poiché la maggior parte di loro non è mai stata in altro Paese all’infuori della Thailandia.

Harry Smith, capo progetto della Iom in Thailandia, ha dichiarato: «Il numero dei sucidi è davvero preoccupante. C’è un alto livello di disagio nei campi, risultato di una miriade di ragioni, tra cui: la mancanza di libertà di movimento, l’incertezza sul futuro, le difficoltà economiche e la mancanza di opportunità educative».

Nell’ultimo anno a Mae La si sono verificati 14 suicidi, mentre nel periodo tra giugno 2014 e maggio 2015 solo uno. Gli uomini sotto i 50 sono i più a rischio, ma anche un bambino si è tolto la vita e tre hanno tentato di farlo. Quasi quattro morti su 10 sono provocate dall’ingestione di diserbante, alquanto disponibile nei campi, dove i residenti coltivano la terra per procurarsi il cibo.

I problemi familiari sono il fattore per quasi la metà dei suicidi. L’abuso di alcool e sostanze stupefacenti svolge un ruolo in più di un terzo di essi. Le raccomandazioni della Iom includono la formazione di volontari nella prevenzione del suicidio e l’istituzione di un’unità di consulenza familiare. L’organizzazione suggerisce anche la presenza nel campo di uno psichiatra e di un consulente con esperienza sul suicidio e la limitazione dell’accesso agli erbicidi.

I rifugiati nei campi si sentono sempre più incerti del loro futuro in seguito al forte calo dei reinsediamenti in Paesi terzi e la diminuzione del sostegno della comunità internazionale.

Nonostante il governo sia dallo scorso anno guidato dal Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, Smith afferma che molti rifugiati sono preoccupati per la sicurezza, nel caso di un loro ritorno, e spaventati dalla mancanza di posti di lavoro e di programmi educativi per i loro figli.

Immagine: Di Mikhail Esteves from Bangalore, India – Mae La Refugee Camp, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2720844