filibus

«Nessuna chiesa dovrebbe mai sentirsi sola»

L’arcivescovo nigeriano Musa Panti Filibus da meno di un mese è il nuovo presidente della Federazione luterana mondiale, l’organismo che federa 145 chiese provenienti da 98 paesi in rappresentanza di circa 75 milioni di fedeli.

57 anni, una moglie a sua volta pastora della Lutheran Chuch of Christ in Nigeria (Lccn), tre figli, Filibus è il secondo presidente della Federazione proveniente dall’Africa dopo Josiah Kibira, vescovo della Tanzania, alla guida della Flm dal 1977 al 1984.

Succede al vescovo giordano Munib Younan che ha cessato l’incarico dopo l’assemblea generale di Windhoek in Namibia dal 10 al 16 maggio Filibus ha rilasciato una lunga intervista al sito ufficiale della Flm, di cui riportiamo ampi stralci:

Lei per 11 anni ha fatto parte del direttivo della Federazione, poi è stato chiamato a servire la chiesa del proprio paese, ed ora viene eletto presidente. Quali sono le sue sensazioni?

C’è un senso di gratitudine ma anche di sorpresa. Sto tornando a servire nella comunione che ho imparato a conoscere molto bene. La Federazione è una parte di me.

Sono così grato di aver avuto l’opportunità di servirla, iniziando come segretario dell’area africana del Dipartimento per la missione e lo sviluppo, diventandone in seguito segretario generale. Ciò mi ha consentito di entrare in relazione con tutte le regioni della Flm.

Ha dichiarato che la comunione di chiese è un dono e che la costruzione del suo edificio va sempre alimentata. Ci può aiutare a comprendere meglio il suo pensiero?

Un compito importante davanti a noi sarà continuare a viaggiare insieme come comunione. Non c’è Federazione se non possiamo camminare insieme, se non possiamo rispettarci reciprocamente. Qualunque cosa immaginiamo di poter fare insieme, dipende tutto da quanto saremo capaci di stringerci gli uni con gli altri.

Dobbiamo ricordare che la Riforma che ha preso avvio 500 anni fa è stata un’opportunità per la chiesa di riscoprire nuovamente il messaggio evangelico e la missione della chiesa stessa a quel tempo. Penso sia un’opportunità poterci chiedere anche oggi “Che cosa Dio sta chiamando la chiesa a fare oggi?”.

Il panorama della Flm è variegato e complesso. In che modo la Federazione continuerà a sostenere le chiese membro provenienti da contesti così differenti?

Nessuna chiesa dovrebbe mai sentirsi sola. Dobbiamo continuare ad alimentare la fiducia reciproca, migliore strumento per condividere successi e sfide, e continuare a tenrci gli uni con gli altri con preghiera e amore. Dovremmo allargare il tavolo per consentire lo spazio per una condivisione reciproca e rispettosa.

Nei suoi precedenti incarichi presso la Flm, si è occupato anche dell’implementazione delle politiche di genere. Quali passi successivi vede davanti a voi?

Sono molto concentrato e impegnato a riguardo, in particolare per stimolare l’attuazione dei documenti approvati negli anni, compreso l’ultimo alla recente assemblea di Windhoek.

 Dobbiamo trovare meccanismi per far si che questi testi non rimangano solo al livello dei vertici delle chiese. Dobbiamo promuovere processi che consentano di discutere questi documenti in seminari, nelle istituzioni e in ogni consultazione con le chiese membro.

Quale è il ruolo della Diaconia nel futuro della Flm?

Diaconia deve essere chiesa e la chiesa deve essere diaconale. Il mio auspicio è che la Federazione possa rimanere un importante e decisivo interlocutore internazionale per affrontare le tragedie del nostro tempo. Il nostro braccio diaconale è il World Service. Sta compiendo un lavoro meraviglioso. Abbiamo poi le singole chiese che stanno conducendo interventi in tal senso. E’ fondamentale tenere insieme queste due braccia della diaconia luterana, quella federativa e quella delle singole realtà. Per questo vedo una Flm impegnata a sostenere con ancora maggior forza il World Service e al contempo implementare e accompagnare le chiese membro a essere protagoniste attrici diaconali e profetiche nei loro contesti.

Immagine: Claudio Geymonat