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«Tutto era in comune tra di loro»

Il popolo si rallegra in tua presenza come uno si rallegra al tempo della mietitura
Isaia 9, 2

La moltitudine di quelli che avevano creduto era d’un sol cuore e di un’anima sola; non vi era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva ma tutto era in comune tra di loro
Atti 4, 32

In questo singolo versetto c’è un accostamento decisivo. Da un lato c’è la descrizione della concordia tra i credenti. Una frase che potrebbe apparire idealista, ma che suscita nostalgia nel credente, che raramente vive questa realtà. Dall’altra c’è la descrizione della comunione dei beni tra i credenti, frase che potrebbe apparire prosaica, e che suscita sorpresa nel credente, che raramente è disponibile a questa richiesta. Credo che questa descrizione della vita comunitaria, che però ha il valore di una affermazione di contenuti, stia in perfetto equilibrio come i due piatti di una bilancia.

Si tratta di una descrizione ideale della chiesa, senza aggancio con la realtà? Qualcosa su cui possiamo andare avanti velocemente tanto la realtà è notoriamente un’altra? Io credo che non siamo di fronte alla pura descrizione di un modello, ma che siamo davanti all’affermazione di cosa è la chiesa nella potenza dello Spirito. Vuoi sapere di cosa è composta la vita comunitaria? Di concordia e di comunione dei beni!

Atti non nasconde i problemi comunitari, poco dopo descrive apertamente la vicenda di Anania e Saffira che simulano di dare tutte le proprietà agli apostoli e per questo moriranno. La questione delle ricchezze nella comunità dei credenti non riguarda il quanto dai, ma il quanto tieni per te. La comunione dei beni nella comunità serve come antidoto contro l’idolatria del danaro, contro l’orgoglio di lasciare un segno di sé alle generazioni successive e contro la distruzione proprio della concordia nella comunità.

Ah, comunque, è dopo questa vicenda che quella di Gerusalemme viene chiamata, per la prima volta, chiesa!

Immagine: prawny via IstockPhoto