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Metodismo: ricetta per rilanciare la missione italiana

La Consultazione metodista, conclusasi domenica scorsa, ha ribadito anche quest’anno alcuni concetti dirimenti per i metodisti italiani, che possono essere riassunti con queste parole chiave: globalizzazione, muro, sopravvivenza, migrazioni, populismo, esteri, ecumenismo, azione sociale e stabili.

Ogni parola racchiude in sé la sfida del protestantesimo italiano e i metodisti si sono interrogati anche sul ruolo che possono e devono ricoprire nel mondo di oggi.

Il rapporto con il mondo globalizzato scuote alle fondamenta la nostra piccola Chiesa che si trova a essere meno solida di un tempo: la scomparsa di alcune figure storiche ne hanno indebolito le fondamenta. Un grande vuoto è quello lasciato da Franco Becchino, un professionista sempre «in missione», ricordato con affetto e riconoscenza dall’Assemblea e dal Comitato permanente nella cornice del Centro Ecumene di Velletri.

La nostra Chiesa condivide con le chiese sorelle alcune difficoltà strutturali: il disinteresse, l’«irreligiosità» diffusa – soprattutto tra le generazioni più giovani, che ormai si dichiarano serenamente «senza Dio» – e le difficoltà nel mantenere in vita strutture, servizi, edifici di culto e diaconali.

Dietro queste difficoltà cresce la tentazione di chiudersi, di non spendersi attraverso la testimonianza, di abbandonare i luoghi deputati alla condivisione della fede.

Tentazioni che possono essere allontanate solo mettendo al centro la missione evangelizzatrice, il nostro obiettivo nel lungo periodo, tenendo aggiornate le tappe intermedie attraverso gli strumenti che abbiamo: il corso di formazione per fundraiser (cercatori di risorse), promosso dalla Csd; la ratifica del documento per la «piena comunione delle chiese metodiste in Europa», approvato l’anno scorso dal Consiglio europeo metodista, testimonianza del radicamento del metodismo italiano in quello mondiale; il centro Ecumene stesso, cuore del metodismo italiano, luogo in cui le generazioni passate hanno costruito la chiesa di oggi e in cui le generazioni future – rappresentate anche dalla Federazione giovanile evangelica (Fgei), che da alcuni anni organizza a Ecumene i suoi eventi nazionali – possono coltivare il senso di comunità e l’amore per la Parola.

La ricetta per una Chiesa sana, in fondo, è sempre la stessa: partecipazione, condivisione e Vangelo. Per non farsi vincere dalla tentazione di abbandonare la missione.