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Il G7 deve affrontare la fame nel mondo

E’ una lunga lettera aperta quella che i rappresentanti di molte organizzazioni religiose (dalla Federazione luterana mondiale al Consiglio ecumenico delle chiese, dall’Act Alliance alla Caritas, dall’Esercito della salvezza all’Alleanza evangelica mondiale), hanno scritto e indirizzato ai leader dei Paesi del G7 che si apre oggi a Taormina, affinché mettano finalmente in atto ogni possibile azione per fermare la terribile carestia che sta sconvolgendo in particolare lo Yemen, la Somalia, il Sud Sudan e la Nigeria.

20 milioni di persone, di cui 1,4 milioni di bambini, sono a rischio di morte imminente, e i leader religiosi ricordano «il dovere morale delle nazioni ricche di fare di tutto per porre fine alle condizioni che determinano le carestie: guerra, malgoverno e cambiamento climatico. Domenica scorsa, oltre un miliardo di cristiani sono stati chiamati a partecipare a una Giornata mondiale di preghiera per porre fine al dramma della fame. Noi, come firmatari, abbiamo contribuito a promuovere questo evento di portata globale perché crediamo che per questa crisi siano necessarie le nostre preghiere e riteniamo che i governi, la società e le persone di fede debbano agire».

La lettera è accompagnata da un video in lingua inglese in cui i vari rappresentanti delle chiese chiamano il mondo politico ad un cambio di marcia sul tema, utilizzando la leadership che essi esercitano alla guida di nazioni ricche, che possono fare molto per arginare la situazione.

Situazione che peggiora drammaticamente se è vero che nel mondo le persone che hanno bisogno di aiuti alimentari sono aumentate addirittura del 35% nel corso dell’ultimo anno, passando da 80 a 108 milioni, e il famoso traguardo del 2030 per porre fine alla fame nel mondo, appare oggi un miraggio remoto. In Africa orientale centinaia di migliaia di persone si stanno muovendo per fuggire da carestie e guerre. L’Uganda ospita oggi il più grande campo profughi al mondo, Bidi Bidi in cui vivono oltre 270 mila persone provenienti dal Sud Sudan.

In Somalia è la siccità ad aver causato danni irreparabili e ad aver costretto alla migrazione centinaia di migliaia di persone. Le Nazioni Unite parlano di peggior crisi umanitaria dal 1945, quando però il mondo usciva da una devastante guerra.

«Questa crisi richiede una guida ispiratrice da parte dei capi di stato del G7, la cui leadership è necessaria per promuovere iniziative in tre aree – prosegue il documento delle chiese-. Occorre innanzitutto stanziare risorse da destinare agli aiuti salvavita che, insieme all’assistenza alimentare, comprendono la fornitura dei farmaci e degli integratori di cui i bambini hanno assolutamente bisogno, la predisposizione di autobotti per fornire acqua potabile pulita e la realizzazione di interventi sanitari e igienici per arrestare la diffusione delle epidemie mortali. Finora sono stati ricevuti solo 1,6 miliardi di dollari, dei 4,9 miliardi necessari. Il resto è necessario ora. Gli impegni devono trasformarsi in contributi concreti».

Su un altro fronte sono necessarie politiche di prevenzione dei conflitti e delle ingiustizie, anteponendo sempre la pace e il bene collettivo all’interesse di parte, senza voltare lo sguardo da un’altra parte.

Tutela del Creato, vendita di armi, tutti temi che faranno fischiare le orecchie a più di un capo di stato oggi a Taormina.

Immagine: Alcune persone ricevono alimenti da ACT Alliance a Rumading, nel Sud Sudan. © Paul Jeffrey/ACT Alliance, 2017