away-1304254_1280

Quale destino per il reato di tortura in Italia?

Il Senato ha approvato il disegno di legge che prevede l’introduzione del reato di tortura in Italia. Con l’approvazione del 17 maggio si è arrivati alla terza discussione e a innumerevoli modifiche e ora si attende il giudizio della Camera. Il disegno di legge è stato criticato per essere un compromesso al ribasso e lo stesso senatore Luigi Manconi, che era stato il promotore della legge nella sua prima versione, si è astenuto dal voto poiché si trattava di un testo “mediocre”. Ne abbiamo parlato con Massimo Corti, presidente di Acat, l’Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura.

Cosa pensa Acat di questo testo?

«Sicuramente è un testo impreciso e con molti compromessi. Il testo fa delle grandi differenze rispetto alle Convenzioni Onu contro la tortura che l’Italia approvò nel 1989. Intanto fa della tortura un reato comune, mentre per la convenzione si parla di un reato commesso soltanto dalle forze dell’ordine, dallo Stato che tiene in proprio dominio una persona e, invece di garantire la sua sicurezza, la tortura. Un reato specifico che per l’Italia diventa un reato comune: alcuni dicono che è una cosa positiva, per esempio l’ospizio che maltratta gli anziani incorrerebbe in un reato di tortura, mentre altrove si tratta solo di violenza. Se da una parte è positivo, dall’altra toglie specifica forza alla lotta contro la violenza di Stato».

Oltre a questo è anche l’idea della “violenza ripetuta” ad essere criticata

«Acat è critica su questa legge, ma cerchiamo di essere positivi: facciamo affidamento sulla Cassazione e sugli avvocati italiani. La frase “ripetuta” è stata sostituita da “con più condotte”, che possono essere anche affiancate, e l’aggiunta “ovvero se comporta un comportamento inumano e degradante per la dignità della persona”. Posso sperare che un giudice illuminato interpreti che una persona chiusa in uno stanzino buio, anche se una volta sola, abbia subito un comportamento inumano. Ripeto, però, che sto facendo affidamento sull’interpretazione positiva di un testo malfatto. Il vero problema di questa legge è il “verificabile trauma psichico” perché è praticamente assurda, vuoi per la lunghezza dei processi, vuoi perché la persona torturata spesso nega questa violenza. Verificare un trauma psichico è praticamente impossibile».

Ma c’è la possibilità che si colgano alcune delle istanze che vengono dalla società civile e che cambino la discussione alla Camera?

«In occasione della premiazione del nostro premio di laurea, l’anno scorso, Manconi disse già che il disegno di legge era al ribasso e un forte compromesso in ossequio ai sindacati di polizia che il giorno dopo attaccarono Manconi e il Senato. Questo dà l’idea della possibilità che il testo cambi alla Camera. Il sindacato di polizia è molto potente e ha molti partiti che lo sostengono, dunque che venga migliorato (secondo la nostra visione) non è molto facile».

Meglio non avere una legge rispetto ad averne una brutta?

«Secondo noi è meglio una brutta legge che niente: primo perché possiamo fare affidamento su miglioramenti successivi; secondo, perché molti casi come i fatti i Genova, oppure il caso Cucchi o il caso Uva, rientrerebbero comunque in questo testo. Pur essendo chiaro che è una legge che assomiglia a una rete piena di buchi, alcuni casi vi rimarrebbero impigliati: forse è meglio che nulla».

Il rischio è che il dibattito si spenga per anni

Abbiamo due possibilità: di non tornare sull’argomento, oppure applicando la legge per qualche anno e accorgendosi che non è un trauma per le forze dell’ordine perché il lavoro continuerebbe come accade in molti altri paesi, probabilmente potrebbero calare le tensioni e ci si potrebbe mettere mano in un prossimo periodo».

Immagine: via Pixabay