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Cecenia, dove gli omosessuali «non esistono»

Circondati, rapiti e torturati: per gli omosessuali che vivono in Cecenia, repubblica autonoma della Federazione Russa nel cuore del Caucaso, un simile destino sembra diventato la normalità.

Un’inchiesta dal titolo Delitto d’onore, pubblicata il 1 aprile sul quotidiano indipendente russo Novaja Gazeta, noto in Occidente soprattutto per le vicende della giornalista Anna Politkovskaja, racconta infatti attraverso numerose testimonianze la realtà di un Paese nel quale i più elementari diritti umani vengono messi in discussione quotidianamente.

Boris Dittrich, Advocacy director dell’Lgbt Rights Program presso Human Rights Watch, racconta che «non è stata una sorpresa, perché già alcune settimane prima della pubblicazione dell’inchiesta di Novaja Gazeta eravamo stati raggiunti dalle prime storie su questa nuova caccia alle streghe contro gli uomini omosessuali o percepiti come tali».

Secondo le testimonianze raccolte, cresciute progressivamente fino a permettere di parlare di un vero e proprio sistema, che ha colpito finora oltre 100 persone e ha portato alla morte di almeno tre di loro, la dinamica è sempre molto simile: le persone omosessuali, o percepite come tali, sono circondate, arrestate e portate in strutture informali di detenzione. «Qui – spiega Dittrich – in molti casi sono stati costretti a spogliarsi e poi sono stati torturati, a volte anche violentati con bastoni o bottiglie».

Lo scopo di questi trattamenti sembra essere quello di ottenere una “confessione” della propria omosessualità e una dichiarazione di pentimento per i propri “comportamenti deviati”. «Abbiamo testimonianze del fatto che dopo queste torture – aggiunge Boris Dittrich – , anche i parenti vengono presi e portati in queste strutture informali, e qui la persona è costretta a confessare di nuovo la propria omosessualità prima di essere di nuovo consegnati alla propria famiglia. Questa è una delle cose più terribili che si possano fare in Cecenia, perché c’è così tanta omofobia che molte famiglie non accettano il fatto che un figlio o un parente possa essere omosessuale. Siamo al corrente di numerosi delitti d’onore, ma ancora peggio non sappiamo dove siano ora molte delle persone che erano state arrestate, non sappiamo cosa sia successo loro».

Il governo ceceno ha definito l’inchiesta «nient’altro che bugie e disinformazione», e il presidente Ramzan Kadyrov ha affermato attraverso il suo portavoce che in Cecenia non ci sono omosessuali. «Non è possibile arrestare e perseguire persone che semplicemente non esistono», ha infatti dichiarato, aggiungendo poi che «se ci fossero, le forze dell’ordine non avrebbero da fare nulla, perché i loro parenti li manderebbero in posti dai quali non potrebbero mai più tornare».

Al di là di queste reazioni, è difficile comprendere la ragione, o le ragioni, dietro questa ondata di arresti, anche se, come emerge dai lavori di Human Right Watch, «da molti anni ci sono campagne simili, per esempio contro i tossicodipendenti o gli indovini, circondati, portati in queste strutture informali di detenzione e torturati allo stesso modo».

In un contesto come questo, non deve stupire del tutto il silenzio della Chiesa ortodossa russa: già nel novembre del 2016, il patriarca Kirill aveva paragonato il matrimonio tra persone dello stesso sesso all’apartheid in Sudafrica e alle leggi naziste. Secondo il Centro Studi cristiani ortodossi dell’università di Fordham, «non esiste in Europa un luogo più violentemente e ufficialmente inospitale della Russia per le persone Lgbt». La Chiesa ortodossa, da questo punto di vista, ha una forte responsabilità morale nel non condannare le violenze e in qualche modo contribuisce a radicare l’omofobia nel Paese.

Con una decina di giorni di ritardo rispetto alla pubblicazione dell’inchiesta su Novaja Gazeta, la questione ha colpito anche l’attenzione di alcune realtà italiane, tra cui l’associazione radicale Certi Diritti, che ha inviato una lettera all’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e al ministero italiano degli Affari esteri, per chiedere una presa di posizione ufficiale da parte delle diplomazie europee. «In questo momento di timidezza delle istituzioni comunitarie – spiega Leonardo Monaco, segretario dell’associazione – ci sarebbe davvero bisogno di una condanna forte e dell’assunzione di misure effettive per contrastare questa terrificante violazione dei diritti umani».

Tuttavia, ottenere un cambio di rotta da parte del governo ceceno sembra molto difficile, anche perché, come spiega Boris Dittrich, «è il governo russo, in particolare nella persona di Vladimir Putin, ad avere il potere di fermare queste azioni, per cui la comunità internazionale può soltanto rivolgersi al presidente, al suo governo e alla Duma, il parlamento russo, e dire loro di bloccare questi crimini». Per Leonardo Monaco, «in questo caso bisogna avere il coraggio di andare oltre i timori di intervenire sui precari equilibri con la Russia per far valere quelli che dovrebbero essere i nostri principi fondamentali».

In Italia la politica ha promesso di attivarsi, e i senatori del Partito Democratico Sergio Lo Giudice, Monica Cirinnà e Luigi Manconi, hanno programmato un’interrogazione parlamentare sulla questione, affermando che «vanno messe in campo tutte le iniziative necessarie per chiarire i fatti e intraprendere azioni adeguate». Tuttavia, conoscere la verità non è sufficiente: «se la Russia dovesse decidere di chiudere gli occhi – conclude Boris Dittrich, di Hrw – c’è una cosa che i governi possono fare, cioè prendere atto del grande bisogno per gli omosessuali ceceni di lasciare il paese il prima possibile perché la loro sicurezza e le loro vite sono in pericolo, e per tradurre in azione questo principio si potrebbero fornire loro dei visti umanitari urgenti per arrivare nei nostri Paesi e poi, per esempio, richiedere asilo politico».

Nuovi rifugiati, dunque, da un luogo nel quale i diritti non hanno cittadinanza.

Immagine: via Flickr – watchsmart