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Boldrini: «L’autocoscienza maschile è il salto di qualità»

Giovedì 30 marzo la presidente della Camera, Laura Boldrini, riceverà una delegazione della Federazione delle donne evangeliche italiane (Fdei) che le consegnerà le firme delle due Petizioni (una per le donne e una per gli uomini) contro la violenza sulle donne. In vista di questo appuntamento, abbiamo rivolto alcune domande alla presidente Boldrini.

Presidente Boldrini, perché è importante mantenere alta l’attenzione?

«Perché non ci si può rassegnare a vivere in un Paese dove si commette un femminicidio ogni tre giorni. Il drappo rosso che dal giugno scorso ho esposto sulla facciata di Montecitorio vuole dire questo. Anche se di passi in avanti se ne stanno facendo. Il lavoro del Parlamento si è visto in questa legislatura con la maggiore presenza di donne, una percentuale mai registrata nella storia repubblicana, non casuale. Il 30% in più, che ha pesato nella ratifica della Convenzione di Istanbul, nell’approvazione del decreto-legge contro il femminicidio, negli emendamenti alla legge di Bilancio, nella legge per gli orfani delle vittime di femminicidio, che ora è all’esame del Senato; così come dovrà passare all’altro ramo del Parlamento la legge sul cognome delle madri ai figli, già approvata dalla Camera. Non è stato ancora calendarizzato, invece, il provvedimento sull’educazione sentimentale. Mi aspetto che nella Riforma elettorale sia introdotta, anche per il Senato, la doppia preferenza di genere che già c’è per la Camera. Le buone leggi però non bastano, se poi i centri antiviolenza stentano a funzionare. C’è da intensificare il lavoro più difficile: quello culturale, che deve sradicare i pregiudizi millenari».

Lo scorso novembre, lei ha deciso di divulgare i nomi di chi l’ha offesa e di farlo pubblicamente su Facebook. Perché lo ha fatto?

«Perché non è accettabile che i social-media siano diventati per le donne un terreno impraticabile. Ho usato la visibilità del mio attuale incarico per parlare anche a nome delle tante donne che in rete sono sottoposte, come me, ai riti barbarici di maschi aggressivi e volgari. Deve finire l’era dell’irresponsabilità. Quella di chi firma post o tweet osceni: ho pubblicato i nomi perché i familiari e amici dei violenti devono sapere con chi hanno a che fare. Ma deve cessare anche l’irresponsabilità dei gestori dei social media, che non possono più limitarsi a rispondere di essere semplici “autostrade” sulle quali ognuno fa transitare il messaggio che vuole. Li ho invitati a investire risorse in questa azione di doveroso filtro, ma le loro risposte sono state fin qui deludenti».

La petizione della Fdei oltrepassa la questione di genere. Una richiesta di autocoscienza maschile è necessaria?

«È il salto di qualità indispensabile. Perché la causa del problema sono gli uomini. Sono loro che ritengono “naturale” picchiare una donna che ha scelto di chiudere un rapporto, sono loro che, solitamente, comprano una bottiglia di acido. É soprattutto ai violenti che bisogna rivolgersi, prendendo sul serio, e sin dall’inizio, le denunce delle donne e avviare un’azione di prevenzione che abbia negli uomini il target specifico, come giustamente chiede l’appello della Fdei. Lavorando anche su quelli che violenti non sono, e che devono imparare a prendere le distanze dai picchiatori. Per questo, sia nelle iniziative fatte alla Camera sia nelle campagne mediatiche, ho voluto che i testimonial antiviolenza fossero soprattutto degli uomini».

Immagine: via Flickr – Chambre des Députés