martin_mcguinness_reading_a_copy_of_an_phoblacht

Morto McGuinness, Nord Irlanda fra sentimenti contrastanti

Con la morte ieri a Belfast a 66 anni di Martin McGuinness si può senz’altro dire, con un pò di retorica, che in qualche maniera in Nord Irlanda si chiude un’epoca. Il che non significa che le divisioni e le incomprensioni fra le parti cattolica e protestante siano superate, anzi. Ma con la scomparsa del leader repubblicano con un passato da comandante dell’Ira, con il suo sodale Gerry Adams ancora formalmente presidente del partito indipendentista cattolico Sinn Fein ma in realtà tagliato fuori da un passato di armi che a volte ripresenta il conto, e con la morte due anni fa del suo grande rivale storico, il presbiteriano Ian Paisley, fondatore nel 1971 del partito Democratico Unionista Dup, finisce l’era dei leader politici cresciuti negli anni più cruenti del conflitto, terminati con gli accordi del venerdì santo del 1998. Meglio dire latenti piuttosto che terminati: gli spari, le sassaiole, gli insulti sono pratica pressoché quotidiana, e lunghe file di muri separano i quartieri cattolici da quelli protestanti. Nel cuore dell’Europa, nel 2017. Le nuove leve dei due principali partiti, per la prima volta quasi appaiati alle recentissime elezioni, sono quarantenni che non hanno conosciuto personalmente il carcere, e che devono confrontarsi con questioni nuove, a partire dalla Brexit. Da queste parti il 56% ha votato per rimanere nell’Unione Europea, e ora si temono nuove tensioni attorno alla proposta dello Sinn Fein di chiedere un referendum per l’indipendenza da Londra. Difficile spegnere un fuoco strisciante che cova sotto la cenere, pronto a riattizzarsi davanti alle incertezze sul futuro assetto politico dell’intero Regno Unito.

McGuinness fino a gennaio ha ricoperto il ruolo di vice premier, incarico mantenuto quasi dieci anni, a suggello di una parabola che lo ha visto negli anni ‘70 ai vertici dell’Ira, l’organizzazione paramilitare che fino al cessate il fuoco del 2005 si batteva per l’indipendenza del paese da Londra. 3 mila morti in poco più di venti anni, in una nazione di nemmeno due milioni di abitanti. Una carneficina assurda e quotidiana. Ribelli da una parte, esercito di sua maestà dall’altro, tanti, roppi civili nel mezzo. Segue una lunga carriera politica all’interno del Sinn Fein, e nel 1998 quando finalmente viene ricostituito il parlamento nordirlandese, vi trova subito posto. Degli accordi del Venerdì Santo è uno dei massimi artefici ,e il suggello al ruolo di statista arriva nel 2012 con la storica stretta di mano alla regina Elisabetta in visita a Belfast. L’arcivescovo cattolico di Armagh e primate d’Irlanda Eamon Martin ha ricordato che «McGuinness è stato uno degli architetti principali del processo di pace».

Da parte anglicana il primate d’Irlanda Richard Clarke non ha taciuto come «McGuinness ha avuto una vita adulta nettamente distinta in due, e molti di noi non possono capire come queste siano collegate fra loro. Detto questo, e pur riconoscendo il dolore e la paura che ha causato a tantissime persone nella sua prima vita,dobbiamo anche render merito alle immense qualità di statista che ha saputo mostrare, incarndando un coraggio raro e genuino».

Sugli stessi toni anche l’intervento del vescovo anglicano di Limerick, Kenneth Kearon che parla di «eredità complessa, cui guardo con ammirazione per gli ultimi anni, ma con grande preoccupazione per quelli precedenti. Ma se vogliamo davvero la pace in questa terra dobbiamo allora ricordare giustamente anche il percorso di figure come McGuinness»

Peter Lynas, membro dell’alleanza evangelica in Nord Irlanda sparge ottimismo: «Persone come lui, proprio per la storia che hanno avuto, sono nella posizione migliore per dire che la violenza non funziona. E McGuinness lo ha fatto, attirandosi anche molte critiche dal suo schieramento. Insieme a Ian Paisley formò un duetto incredibile che ha guidato l’Irlanda del Nord in uno dei periodi più difficili della sua storia».

L’ex capo dello staff dell’allora primo ministro britannico Tony Blair, fra gli artefici degli accordi di pace del 1998 ricorda di aver passato «un decennio a negoziare la pace con Martin McGuinness. La prima volta che l’ho incontrato, come la maggior parte delle persone, ho visto davanti a me un terrorista.Quando ho cessato il mio incarico l’ho invitato al mio party di addio, riconoscendone le grandi doti di pacificatore».

Ian Paisley Junior, che porta lo stesso nome di quello che fu suo storico avversario, e poi compagno di governo dopo la pace ammette che «McGuinness ha rappresentato ciò che ogni abitante dell’Ulster, ogni protestante, ogni unionista ha temuto, combattuto e odiato. Poi ha aiutato tutti noi a raggiungere una pacificazione e dobbiamo ammettere oggi che il ruolo di ognuno è stato decisivo per giungere dove siamo oggi».

Il pastore David Latimer della chiesa presbiteriana di Derry ha avuto un rapporto di amicizia con il leader repubblicano, nonostante militassero su due fronti opposti. «La mia chiesa è stata spesso obiettivo durante le violenze – ricorda il pastore-; dopo l’ennesima intimidazione sono andato in una radio locale a denunciare pubblicamene McGuinness. Lui ha chiesto di vedermi e il nostro primo incontro lo abbiamo avuto sui gradini della chiesa. Ai nostri fedeli non piaceva questo mio rapporto con lui, ma avevo davanti a me un uomo la cui vita era stata cambiata da qualcosa di più grande di noi, e non potevo ignorarlo».

Più difficile trovare perdono o umana comprensione fra i tanti che sono rimasti feriti, mutilati a causa degli scontri e degli attentati, o fra i parenti delle vittime di quella stagione di sangue, e le cui reazioni in queste ore tradiscono ferite ancora aperte.

Gli uomini passano, rimane il Nord Irlanda, con addirittura 99 muri a Belfast e a Derry, alcuni di poche centinaia di metri, altri lunghi fino a 5 km, le cosiddette Peace Lines. Entro il 2023 il governo ha annunciato di volerli abbattere tutti. Un sondaggio di un paio di anni fa vedeva concorde solo il 16% dei residenti di Belfast, a ricordare quanto ci sia ancora da fare prima dell’avvento di una stagione nuova. Ora è il tempo di chi le armi non le ha imbracciate, e si spera non debba imbracciarle mai.

Immagine: By CommieMark – I took the photo in Sligo durin the 2011 Presidential ElectionPreviously published: I sent it in and it was used by An Phoblacht on their Facebook here: http://www.facebook.com/photo.php?fbid=291962504161572&set=pb.224341847590305.-2207520000.1358892840&type=3&theater, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24097615