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Compassion costretta a lasciare l’India

15 marzo 2017: la data annunciata nelle scorse settimane per conoscere le sorti di Compassion in India è arrivata e le notizie non sono buone.

L’Associazione internazionale ha annunciato la sospensione dei suoi progetti, che dal 1968 hanno aiutato più di 280.000 bambini e le loro famiglie, grazie al meccanismo dell’adozione a distanza. Rivolti ai più poveri e vulnerabili, i programmi di sostegno infantile includono percorsi scolastici, cure mediche, pasti equilibrati e sani, tutte cose che spesso mancano a questi bambini in diverse parti del mondo.

La situazione è stata aggravata anche da alcuni media indiani, che hanno accusato Compassion di obbligare i bambini a convertirsi al cristianesimo per ricevere i benefici dei programmi: un’accusa smentita un paio di settimane fa Jimmy Mellado, presidente di Compassion International, sul blog dell’associazione. «Noi lavoriamo insieme alle chiese cristiane locali per diffondere l’amore di Gesù in modi molto concreti, ma non chiediamo mai a un bambino di diventare cristiano per godere dei nostri programmi, sarebbe violare la dignità, la libertà e la grazia che Gesù dona così liberamente a ciascuno di noi. Le chiese nostri partner offrono un programma di sviluppo olistico del bambino (un programma che prevede di seguirli in tutto il loro sviluppo, talora fin da prima della nascita, e fino all’età adulta, con un approccio a lungo termine, ndr) a prescindere da razza, religione o casta».

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Quel che è certo è che da circa 3 anni è cominciata la discriminazione da parte del Governo verso le 30.000 ong straniere che operano nel paese, di cui Compassion è una delle più grandi.

«Mesi fa, il governo indiano iniziò a bloccare i fondi destinati ai centri» spiegava Mellado. «Senza queste risorse, è diventato impossibile continuare ad aiutare i bambini. Abbiamo tentato ogni strada in nostra possibilità per risolvere la questione con il governo indiano. Ma fino a oggi, nonostante tutti i nostri sforzi, non siamo riusciti a giungere a un esito positivo».

Da qui la scelta obbligata di sospendere le attività, situazione che peraltro ha colpito anche molte altre organizzazioni, come spiega Compassion Italia nel comunicato diffuso pochi giorni fa: «Il Ministero degli Interni dell’India, a causa di recenti modifiche alla legge che regola l’accesso delle donazioni da parte di organizzazioni non profit straniere, ha di fatto negato ai 589 centri Compassion del Paese la possibilità di proseguire con le normali attività. Il governo indiano, dopo aver posto Compassion in una sorta di “lista d’attesa”, non ha mai dato seguito alle richieste di chiarimento. Negli ultimi mesi, in realtà, oltre 10.000 organizzazioni non profit, piccole e grandi, secolari e religiose, sono state bloccate dalle restrizioni poste dal governo indiano, supponendo che queste possano minacciare gli interessi nazionali perché in contrasto con l’ideologia del Paese».

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Questo vuol dire che per più di 147.000 fra bambini, ragazzi e mamme s’interromperanno i programmi d’aiuto finanziati dai sostenitori internazionali e possibili grazie al lavoro di 127 operatori locali e la partnership con 589 chiese.

Le speranze non sono però completamente perdute, continua Mellado: «Nonostante questa dolorosa situazione in India, la nostra opera non si ferma. Continuiamo a servire, a livello internazionale, oltre 1,8 milioni di bambini in altri 25 Paesi. La nostra collaborazione con le comunità locali (più di 6700 chiese) è più forte che mai. E il nostro impegno per liberare i bambini dalla povertà nel nome di Gesù resterà stabile».

E l’impegno delle chiese rimarrà un punto di riferimento fondamentale: «Anche dopo che Compassion sarà andata via, queste chiese continueranno ad avere a cuore il futuro dei bambini, e continueranno a fare ciò che possono per aiutare le famiglie».

Gli fa eco Silas Balraj, responsabile Compassion per l’Asia: «Siamo fiduciosi, le chiese con cui abbiamo collaborato in questi 49 anni continueranno a servire i bambini e le famiglie, seppur in modo diverso. In questo momento voglio ringraziare tutti i sostenitori perché hanno donato aiuto a un bambino, portando speranza dove c’era disperazione. Non è finita qui, un seme è stato piantato, non solo per l’India di oggi, ma anche per l’India del futuro».

Della stessa opinione è Mellado: «Ho speranza nel futuro anche perché ho incontrato questi bambini e sono stato testimone della loro resilienza. Credo fermamente che niente e nessuno (né il governo, né la politica, né le autorità) possa fermare l’opera di Dio nel cuore di un bambino».

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Immagini di Compassion international