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L’Europa della solidarietà ha bisogno anche dell’apporto dei credenti

Piccola minoranza di fede sorta molto tempo prima della Riforma, e passata attraverso secoli di persecuzioni, la Chiesa valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste) vive oggi con la consapevolezza di un’eredità fatta di sofferenza ma anche di fedeltà al Signore, nella rivendicazione di poter confessare e testimoniare la propria fede. Una consapevolezza che ha caratterizzato l’intervento che il moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini ha svolto nel corso della «Conferenza» organizzata dalla Comunità di chiese protestanti in Europa (Cpce) e dalla Chiesa protestante in Germania (Ekd), martedì 7 marzo, al Parlamento europeo a Bruxelles. Ne abbiamo parlato con lui.

Perché è stato organizzato questo incontro?

«Diverse chiese e associazioni sovranazionali di chiese hanno una loro rappresentanza a Bruxelles, che sono uno strumento per seguire i lavori del Parlamento e per la centralità che ha questa città a livello istituzionale. In un momento in cui l’identità europea ha bisogno di essere sostenuta nei suoi aspetti ideali, è stato significativo che, nell’anno del Cinquecentenario della Riforma, venisse organizzato un momento di questo genere. La mattina si è svolta una tavola rotonda, poi abbiamo anche potuto assistere a un musical su tutta la vita di Lutero con una canzone dedicata ai quattro Sola della Riforma e in conclusione abbiamo incontrato Antonio Tajani, da poco eletto presidente del Parlamento europeo».

Di fronte alle questioni sollevate che impressione si ricava?

«Il livello che ha avuto le chiese come interlocutori è stato quello parlamentare, non quello di governo della Commissione europea, anche se abbiamo incontrato il primo vicepresidente della Commissione stessa, Frans Timmermans, cattolico olandese. Il tema era “L’eredità della Riforma per l’Europa di oggi”; ora, quello che più mi ha colpito è stata l’unità di intenti: con i rappresentanti delle altre Chiese davvero parliamo la stessa lingua nel ribadire il nostro grande impegno per l’Europa e le sue Istituzioni, un grande impegno per favorire una politica europea che sia comune ma anche giusta nei confronti di chi comunitario non è: quindi si è parlato di rifugiati, di categorie fragili, e abbiamo detto che l’Europa non può essere soltanto “monetaria e politica” ma deve avere anche un progetto, una motivazione che per le chiese si declinerà come “spiritualità” ma per tutti i laici si deve configurare come una “cultura comune”, politica e sociale; senza queste ispirazioni il nostro continente rischia di divenire preda delle paure, con i conseguenti nazionalismi (e il nazionalismo, attenzione, è altra cosa dal patriottismo) e populismi. Al termine della Seconda Guerra mondiale si sperava che il nazionalismo fosse stato sconfitto per sempre, ma questo male, che è un prodotto – ahimè – tipicamente europeo, ritorna fra noi: fra le nostre responsabilità c’è anche quella di sconfiggere questo demone».

In questo quadro dell’ecumene protestante e della politica europea, c’è una specificità valdese?

«La Chiesa valdese ha la peculiarità di venir riconosciuta come una realtà che, quando era movimento, anticipò addirittura la Riforma, sul finire del secolo XII. La solidarietà e la comunione di intenti l’abbiamo vissuta nei secoli, quando questa piccola realtà sopravvisse alle persecuzioni grazie all’aiuto fondamentale delle chiese sorelle. E oggi veramente ci si sente in sintonia, con i nostri numeri, che sono molto diversi. Nei Paesi dell’Unione europea sono presenti 50 milioni di protestanti, ed era significativo che potessero portare alle istituzioni un messaggio comune: i protestanti tedeschi (la Chiesa protestante in Germania – Ekd – da sola rappresenta il 50% dei protestanti nei Paesi Ue) credono fermamente al progetto europeo; il rappresentante della Chiesa riformata britannica ha ribadito l’opposizione della sua Chiesa all’uscita dall’Unione: dunque non solo noi protestanti italiani, che siamo una piccola minoranza, siamo impegnati a sostenere questa visione dell’Europa, ma anche realtà più grandi, ed è assai importante e incoraggiante».

 

Foto: Kek